Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      '212
      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      XXXVIII. Appena giunse in Avignone la nuova che la Chiesa aveva perduto tutto il dominio in Italia, tranne Rimini il cui signore Galeotto Malatesta le si era mantenuto fedele, nel febbraio del 1376 citò i Fiorentini dinanzi al sacro collegio. Il reggimento di Firenze, sicuro nella propria coscienza e prevedendo le papali intenzioni, vi mandò tre ambasciatori. Donato Barbadori, che era uno dei tre, contro ai papali rimproveri difese l'operato de' suoi concittadini, rammentò come Firenze sopra tutti gì'italici Comuni si era sempre mantenuta fida alla Chiesa, la quale in ricompensa d'una devozione di secoli adesso voleva privarla del più caro tesoro che possedesse, cioè della libertà e della indipendenza. Concluse dicendo apertamente i Fiorentini essere deliberati di non cedere, e ciascuno, senza distinzione di grado o di setta, trovarsi parato a metterci la roba e la vita.
      11 papa, mentre tergiversava con gli oratori, teneva pratiche per mezzo di suoi eommissarii in Firenze a fine di comporre le cose. In quel mentre, giuntagli la nuova che Bologna erasi ribellata, fulminò la scomunica contro i Fiorentini, ordinando a tutti i principi di confiscare gli averi degli scomunicati trafficanti negli Stati loro, e vendere le persone di quelli come schiavi. La iniqua sentenza fu prontamente eseguita da alcuni principi, e massime dal re di Francia, prode rampollo di una dinastia assuefatta a rapire le sostanze de' mercatanti italiani sotto pretesto di provvedere alla pubblica morale, o alla gloria della religione.
      La rivoluzione di Bologna aveva vinto le milizie papali, e il Legato ci avrebbe forse perduta la vita se non fosse stato protetto e condotto in salvo dentro un monastero da Taddeo degli Azzoguidi che era il capo degl' insorti. Come ne giunse la nuova a Firenze, gli Otto della guerra mandarono ai Bolognesi il vessillo della libertà con due mila cavalli e gran copia di danaro, per compiere la rivoluzione e atterrare le fortezze della tirannide. Giovanni Aguto intanto, temendo Faenza non seguisse Io esempio di Bologna, irruppe tempestosamente nella terra e trucidò tutti quei cittadini che non furono pronti a salvarsi fuggendo. Non ardi nulla tentare contro Bologna imperciocché non era agevole impresa affrontare l'impeto di


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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