Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIUIIO SETTIMO.
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al Vaticano. In quello avvenimento i Fiorentini videro un disastro per la lega, e per premunirsi contro il futuro mandarono oratori alla corte papale per iniziare pratiche di pace a patti onorevoli ed equi. Gregorio li suppose disanimati, e sdegnosamente respingendo ogni proposta, rinfrescò con maggiori rigori il già fulminato anatema dichiarando i Fiorentini e gli averi loro in tutto l'orbe preda di chi volesse impossessarsene. Gli Otto della guerra, che fino a quel tempo, quantunque conoscessero la ingiustizia dell' interdetto, lo avevano reve-rentemente osservato, vedendolo rinnovare, Io sfidarono facendo aprire le chiese e costringendo i sacerdoti a celebrare i divini ufflcii. E n'ebbero plauso da tutto il popolo più che mai deliberato di seguitare la guerra, massimamente che ora Giovanni Aguto dal soldo del papa era passato a quello dei Fiorentini, mentre Rodolfo di Camerino che fino allora aveva capitanate le armi di Firenze, venuto in rottura con la signoria, si era offerto per sua mala ventura al pontefice.
I Fiorentini vivevano animosi e fidenti nel futuro allorché seppero che la Chiesa, giovandosi delle gare delle fazioni che dopo la liberazione avevano ricominciato a travagliare la città, aveva indotto i Bolognesi alla pace. Lo stesso fecero altri della lega ; onde conobbero la necessità di venire agli accordi ; e quando gli ambasciatori pontificii proposero di scegliere ad arbitro della contesa Bernabò Visconti, i Fiorentini credendolo pur sempre perseverante nell'odio contro i preti e i Francesi, lo accettarono ; e male apponevansi. Imperocché il papa aveva pattuito col milanese tiranno di imporre ai collegati la multa di otlocentomila lire, della quale ambidue avrebbero fatto a mezzo. I deputati delle parti belligeranti erano giunti a Sar-zana, luogo stabilito per le conferenze, allorché il consesso fu sciolto e rotte le pratiche per la morte di Gregorio XI avvenuta in Roma nel marzo del 1378. E la pace coi Fiorentini non fu fatta con la Chiesa se non sotto il pontificato del successore di Gregorio, cioè di Urbano VI, sotto il quale cominciò quello che chiamasi grande scisma d'Occidente.
XLI. Era per tanto arrivato il tempo in cui la pontificia potestà, che di tanto male era stata cagione potissima ai popoli d'Italia, cominciasse a fare strazio di sè e ravvolgersi in tali
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