Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIUIIO SETTIMO.
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del governo, gridarono non volere quinci innanzi che nessuno del popolo minuto fosse de'priori. Onde, cacciati via i due plebei, messero in vece loro due reputatissimi cittadini. Il comune ebbe più equo ordinamento ; la canaglia, che era—come sempre — stata strumento altrui nella rivoluzione, ricadde dove era dianzi; e lo Stato, sottratto alla oligarchia dei nobili popolani, rimase agli artefici di minor qualità, i quali capitanati dagli Alberti, dagli Scali e dai Medici, per alcun tempo vi si mantennero fermi ma non siffattamente che non fossero di continuo minacciati dal pericolo di cadere.
XLIV. La scossa maggiore veniva da'fuorusciti che congiuravano con gli spodestati di dentro. E perchè ciò meglio s'intenda, dirò brevemente come avendo Urbano VI scomunicata e privata del regno di Puglia Giovanna d'Angiò perchè erasi contro lui dichiarata a favore dello antipapa Roberto di Ginevra, Carlo di Durazzo, unico erede diretto di quel trono, era venuto in Italia per conquistarlo. In quel tempo ardeva guerra grandissima fra Genova e Venezia: i pretesti delle ostilità erano stati varii, ma una sola la cagione, voglio dire la gelosia del commercio di Levante, e la supremazia dei mari, che adesso, resa impotente Pisa, era subietto di implacabile contesa fra que'due floridissimi Stati. Fino dal 1378 avevano combattuto difaccia ad Anzio una terribile battaglia, nella quale rimasero sconfitti i Genovesi. Questi nel mese di maggio dell'anno susseguente spedirono una formidabile flotta sotto il comando di Luciano Doria, e dinanzi a Pola nello Adriatico distrussero quasi tutta l'armata dei Veneziani. I quali, apponendo al capitano Vettore Pisani un fallo di cui erano colpevoli i senatori, lo gettarono in prigione. Intanto i Genovesi, inanimiti della prospera ventura si spinsero fino a Chioggia e la cinsero d'assedio, mentre da terra la travagliavano Francesco da Carrara e il re d' Ungheria. Chioggia cadde in mano di Pietro Doria, nel comando delle navi genovesi sottentrato a Luciano già morto nella battaglia di Pola. I Veneziani si videro in grandissimo pericolo e mostraronsi desiderosi di pace; ma Pietro Doria ricusando ogni proposta, disse di volere andare dentro Venezia per imbrigliare i cavalli di bronzo posti nella piazza di San Marco. Ed era intemperanza di vincitore
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