Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'230 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
A rifare il loro alleato di cotanti danni i Veneziani gli pagarono sessantamila fiorini. L'anno seguente con nuove forze il Carrara e lo Scaligero vennero nuovamente alle mani; e in un fatto d'armi seguito nel mese di marzo i Veronesi furono di nuovo sconfitti.
Francesco da Carrara, non per commiserazione del suo sconsigliato vicino, ma perchè prevedeva a se stesso fatali gli effetti di una prolungata lotta, gli fece proposte di pace. Ma un altro genio malefico soffiava nel fuoco della discordia. Antonio della Scala, punto ammaestrato dalle due sconfitte, non si degnò rispondere al suo generoso nemico. Ed era consiglio di Gian Galeazzo Visconti Conte di Virtù che nei susseguenti anni acquistò tale potenza da fare tremare tutta Italia. Nel 1378 era succeduto al padre Galeazzo nella signoria di quelle città che formavano mezzo il dominio visconteo, e del quale era capitale Pavia. Bernabò suo zio, che stava in Milano sua metropoli, a fine di congiungere in un solo stato a beneficio dei proprii figli tutti i dominii dei Visconti aveva con diversi modi congiurato contro il nipote. Gian Galeazzo, che fino allora non aveva dato indizio di quell' arte di simulare, di che in progresso fu reputato solenne maestro, per guardarsi dalle trame di Bernabò e coglierlo nel laccio, s'infinse come colpito dalla frenesia della divozione, e quasi nulla gì'importasse delle cose terrestri, stava con l'anima assorta nella contemplazione delle celesti. Nel maggio del 1385 simulando di volere andare in pellegrinaggio alla Madonna del Monte di Varese, scrisse allo zio come egli avesse gran desiderio di riabbracciarlo. Bernabò che lo stimava pusillanime e pressoché rimbecillito, gli uscì incontro presso Milano, accompagnato da soli due de'suoi figli e senza guardie; e come furono insieme Gian Galeazzo mentre stringeva fra le braccia lo zio, gridò slreike — vocabolo tedesco che significa vibrate — e Giacomo del Verme e Antonio Porro capitani che con numerose guardie accompagnavano Gian Galeazzo, messero le mani addosso a Bernabò e lo fecero prigione. 1 Milanesi che abborrivano il loro antico tiranno, aprirono le porte al nuovo e lietissimi lo accolsero. Bernabò sepolto in carcere co'suoi figli fu più volte avvelenato dal perfido nipote, e verso il finire di quell'anno cessò di vivere; e l'ai-
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