Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIUIIO SETTIMO.
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      facciano ricordo le storie di quei tempi, e recò tanto stupore allo stesso Iacopo del Verme da torgli ogni coraggio per inseguirlo.
      Di lì a poco tempo Giovanni Aguto riappariva in Firenze. I Fiorentini appena seppero il gravissimo pericolo in cui egli si trovava per la disfatta dello esercito del conte d'Armagnac-co, avevano assoldato Luigi di Capua che con quattromila cavalli guastava il territorio sanese. Nè male apponevansi apparecchiandosi a sostenere nuove aggressioni da parte del Visconti. Difatti Jacopo del Verme dalla via di Sarzana invase il territorio di Firenze, ma non venne mai a battaglia col capitano dei Fiorentini nè con quello dei Bolognesi; che anzi temendo di essere circondato in Valdinievole dalle milizie toscane, dopo di avere perduta parte de' suoi fanti, fuggì di notte tempo su per gli Appennini.
      LII. La guerra, se non poteva chiamarsi finita, di grandissima qual era in sulle prime, era divenuta piccola: il vento della fortuna non spirava propizio a Giovanni Galeazzo. Aveva pensato di spodestare per sempre la casa de'Carrara, e vedeva Francesco Novello ricuperare portentosamente lo stato e mantenervisi con maggiore riputazione del padre suo. Aveva sperato d'insignorirsi de'grandi comuni toscani, e per allora gli era mestieri differire ogni pensiero d'usurpazione. Aveva creduta cosa non diffìcile alla astuzia e alla sempre crescente potenza sua imporre il giogo a Venezia, ed ora accorgevasi che i Veneziani senza fargli aperta guerra, non avevano più fede nella alleanza con lui, si premunivano soccorrendo i suoi nemici, ed apparecchiavansi ad avversarlo. I comuni collegati, dall'altra parte, erano stanchi di tanti travagli e desideravano quietare. Per le quali cose quando Antoniotto Adorno doge di Genova, uomo grandemente riputato e venerato dallo stesso Visconti, si offerse mediatore per un trattato di pace, la proposta fu accettata, e le parti belligeranti spedirono a Genova i loro ambasciatori. Il congresso era presieduto dal Doge e da Riccardo Caraccioli Gran Maestro di Rodi e deputato del papa ; e la pace fu conclusa nel gennaio del 1392. I due àrbitri ne dettarono i patti; il principalissimo dei quali era che in futuro i Fiorentini non si avessero a immischiare nelle cose di Lom-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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