Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'245 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
suo benefattore ponendo condizioni più vantaggiose per lui che per la lega guelfa. Ma al tiranno di Milano ciò non serviva; egli agognava a dominare in Genova con la medesima autorità che aveva in Pisa e in Siena, con quella almeno che vi aveva esercitata Giovanni Arcivescovo di Milano suo zio. Con questo scopo ora di nascosto ora a viso aperto turbava la pace; il popolo di Genova rendeva immagine di cavallo sfrenato, a reggere il quale non v' era mano robusta e destra che bastasse. Antoniotto Adorno in fine fu costretto ad aprire gli occhi; e allorquando conobbe che non v' era altro rimedio, e nel tempo stesso le forze sue proprie non servivano ad affrontare quelle del signore di Milano; allorquando si accòrse che questi studiavasi di precipitarlo giù dalla suprema magistratura della repubblica alla quale lo aveva dianzi inalzato, volle appigliarsi ad un provvedimento peggiore dello stesso pericolo.
Regnava in Francia Carlo VI, il quale essendo demente lasciava che i capi delle fazioni di Borgogna e d'Orleans si contrastassero vicendevolmente il governo. La insania di mente in cui trovavasi il monarca francese parve al doge di Genova insigne qualità per desiderarne senza alcun pericolo e con sommo utile la protezione. Imperocché il Francese, ritenendo il vuoto nome di signore, avrebbe lasciato il reggimento dello Stato nelle mani dello Adorno, e le pubbliche libertà sarebbero rimaste intatte, mentre il solo nome della corona di Francia era più che bastevole a impedire che il Visconti opprimesse la pericolante repubblica. Antoniotto Adorno insomma non voleva dare in preda alla straniera tirannide la libertà della patria, ma intendeva del nome di un re fare uno spauracchio, che senza offendere Genova tenesse in continua paura gli esterni aggressori non che le irrequiete fazioni, le quali con questo solo espediente si sarebbero indotte a quietare.
E che tali fossero gì' intendimenti del doge lo dimostrano i patti del trattato concluso fra i ministri del re e i Genovesi nell'ottobre del 1396. Carlo prometteva di mandare un suo vicario che governasse Genova con autorità pari a quella del doge e con gli statuti del comune. Il consiglio doveva essere composto, metà di Ghibellini e metà di Guelfi, di popolani e di nobili, ed essere preseduto da un Ghibellino. Il re non po-
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