Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'260
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
Non senza grandissimo terrore Francesco da Carrara vedeva sopra la sua famiglia accumularsi tanto nembo di guerra. E dopo di essersi invano studiato di ottenere la pace, sperando nella giustizia della propria causa, nell' affetto de' suoi popoli, e nello aiuto dei Fiorentini, nel giugno di quell'anno medesimo dichiarò formalmente la guerra alla Repubblica. Grandi furono i bellicosi apparecchi da ambo le parti ; e quantunque il valoroso Francesco non avesse forze bastevoli a far fronte a quelle de' Veneziani e de' loro collegati, potè in sulle prime contrastare loro e in varii scontri romperli. Alla perfine Paolo Savelli, capitano delle armi venete, portò la guerra presso a Padova, nel tempo stesso che jl senato muoveva il Gonzaga a rompere la tregua dianzi conclusa col Carrara, e costringeva il genero di lui Niccolò d'Este ad abbandonarlo affinchè si liberasse da quell'Azzo d'Este, che gli aveva contrastato la paterna eredità, e che adesso i Veneziani avevano fatto venire da Candia. Francesco aveva già perduto tutto il territorio di Padova e trovavasi assediato nella città ; il popolo tumultuava atterrito dalle tremende nuove che giungevano dal campo nemico, il cui capitano diceva avere avuto dalla repubblica ordini di mettere a ferro e a fuoco la città, dove era scoppiata oltre ogni credere micidiale la peste. Non v'era ingegno nè coraggio d' uomo che potesse lottare contro tante sì diverse e simultanee sciagure ; e Francesco da Carrara implorò pace dal veneto senato, non chiedendo altri patti che questi: fosse lasciato libero il suo figliuolo Giacomo che era prigioniero in Venezia; gli fossero pagati centocinquanta mila fiorini per la rinuncia ch'egli farebbe delli signoria; rimanessero intatti i privilegi e gli statuti di Padova. Carlo Zeno, che aveva recato a Venezia le suddette condizioni, ritornava già con l'accettazione della veneta signoria che le aveva leggermente modificate; Francesco era già per accettarle, allorquando un lampo di speranza sopraggiunse improvviso a dargli coraggio per un istante e poi condurlo alla estrema rovina. Egli aveva già mandato in Firenze i più giovani suoi figli per porli in sicuro da tanti pericoli. L'aio loro, che non restava dal sollecitare i Fiorentini a soccorrere il suo signore, e che gli aveva più volte scritto non isperasse nulla perocché
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