Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO OTTAVO.
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      molti anni a turbare con nuove guerre la loro quiete. Imperocché la Lombardia seguitava sempre ad essere sconvolta. I fratelli Visconti, ai quali Venezia aveva considerevolmente scemato il territorio, vivevano immersi nelle principesche lascivie sotto la dispotica tutela de' loro capitani, e non era probabile che riprendessero gli sterminati disegni di conquista del padre loro. E in ciò dirittamente giudicavano in quanto alle apparenze del presente, ma non si apponevano al vero rispetto al futuro. Come sopra fu detto, i dominii di casa Visconti erano parte in potere di Giovanni Maria duca di Milano, e parte erano toccati a Filippo Maria conte di Pavia. Il primogenito avendo abbandonato il governo dei suoi stati al consiglio di reggenza, non erasi riserbata altra parte che quella dei supplizii, come colui che aveva un invincibile istinto ad esercitare il mestiere di carnefice. Aveva scelto a ministro delle sue carnificine Squarcia Giramo, indole di tigre in forme umane, il quale per meglio saziare la sete di sangue che ardeva nell'animo del suo signore, aveva con carni umane nutriti e cresciuti alcuni enormi mastini, perchè si avvezzassero a divorare vivi coloro che il Visconti volesse far morire. Raccontasi che, mancandogli le vittime per questa caccia infernale, trovasse il pretesto di vendicare la morte della propria madre. Cosi egli fece sbranare dai suoi cani Giovanni Pu-sterla, Antonio e Francesco Visconti e molti altri gentiluomini. Nè di questa sola ferina strage appagavasi, ma fatto prendere un giovinetto di dodici anni, figliuolo del I'usterla, lo condannò allo stesso supplizio. Il fanciullo, atterrato ai piedi del tiranno, chiedeva misericordia; i cani sguinzagliati non volevano addentarlo; e quando Squarcia Giramo lo scannò, quei feroci animali sentirono ribrezzo di porre i denti sulle membra di quell'innocente. Cosa incredibile se non fosse raccontata .come certa da scrittori coetanei ed appartenenti a varie fazioni !
      Le tiranniche voglie di costui infrenava Facino Cane signore d'Alessandria che reggeva gli Stati di Filippo Maria. Facino poiché ebbe costretto il duca di Milano ad ammetterlo nel suo consiglio, usurpò la suprema autorità; e perchè non aveva figli non si curò di spegnere, come si sarebbe aspettato, i due
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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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