Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
275 STORIA, i>Et COMUNI ITALIANI.
pitano a manifestare minutamente i segreti disegni del duca a danno di tutti gli stati d'Italia, e fini chiedendo armi per domare il tiranno lombardo e ad un' ora fargli scontare i suoi tradimenti e la sua ingratitudine. Il doge Francesco Foscari spinse allora il sonato a deliberare con unanime assenso la guerra, protestando — ed era forse questo il primo esempio d' affetto che Venezia mostrava verso la libertà degli altri popoli — dinanzi a tutto il mondo che i veri alleati di Venezia erano tutti i popoli liberi, i quali quinci innanzi imparerebbero a benedire il vessillo di San Marco. I Veneziani e i Fiorentini collegandosi stipulavano di raccogliere un esercito di sedicimila cavalli e ottomila fanti; e mentre gli uni mandavano un'armata navale nel Po, gli altri dovevano spedirne un'altra nelle acque liguri. Poco dopo il Gonzaga di Mantova, lo Estense di Ferrara, Amedeo di Savoia e il re d'Aragona sottoscrissero il trattato; e verso la fine di gennaio 1426 la Lega indisse la guerra al duca di Milano.
XIV. Francesco Carmagnola, riordinato lo esercito nel mantovano, si mosse contro Brescia, la quale dopo essere stata per molti mesi ostinatamente difesa dalle armi del duca fu costretta ad arrendersi. La caduta di questa città era avvenimento importantissimo, dacché se tutte le armi de' collegati si fossero congiunte in Lombardia, i capitani del duca non le avrebbero potuto impedire di spingersi fino a Milano. Il Visconti, mentre Brescia era assediata dal Carmagnola, chiamando dalla Romagna Angiolo della Pergola suo capitano, gli aveva ordinato di consegnare Imola e Forlì non ai loro signori, ma al pontefice. Martino V per mostrargli la gratitudine di questa offerta, che nondimeno era imposta dalla sola necessità degli eventi, come seppe la caduta di Brescia s'interpose da paciere. Il cardinale di Bologna, gli ambasciatori dei collegati, e quelli del duca di Milano si condussero in Ferrara per istabilire i patti. I collegati chiesero che il Visconti renunciasse alle terre, dalle quali erano state cacciate le sue milizie, cioè ad Imola e Forlì, ad alcune castella appartenenti a Firenze, ad alcune altre espugnate dal duca di Savoja, a Brescia venuta in potere del capitano dei Veneziani; e gli ambasciatori milanesi, con maraviglia di tutto il consesso,
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