Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO OTTAVO.
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assentirono. Ogni pretesto di guerra, adunque, era venuto meno. E però la pace fu firmata il penultimo giorno dell'anno 1426. E fu non lieve errore cotesto dei collegati, che per mille prove conoscevano l'indole del duca; il quale, difatti, a sembianza di chi si senta leso per un contratto a termini non equi concluso, poco dipoi dichiarò ingiusti e insopportabili quei patti, e si tornò alle armi.
A spergiurare i patti il duca ebbe un pretesto col quale apparentemente poteva giustificarsi. Come il trattato fu conosciuto a Milano, i gentiluomini, reputandolo disonorevole alla dignità dello stato, mandarono deputati al loro signore scongiurandolo di non consegnare ai Veneziani, come si era obbligato di fare per la prossima primavera, le fortezze del territorio di Brescia antemurale del milanese. Lo incitavano a ricominciare la guerra, profferendosi a soccorrerlo di danaro, anzi promettendo di mantenere per tutta la durata di quella diecimila cavalli e diecimila pedoni purché ponesse nelle loro mani le rendite della città di Milano. 11 duca respinse cotesto patto che sentiva di spirito repubblicano, accettò il buon volere e le profferte dei gentiluomini, e spese tutto l'inverno ad apparecchiarsi.
XV. I Veneziani, prestando fede alla pace, andavano licenziando, una dopo l'altra, le compagnie de' venturieri al loro soldo. Il duca le invitava sotto le sue bandiere; e nel tempo medesimo allestiva una poderosa flotta sulle acque del Po. E come fu in pronto irruppe improvvisamente non contro il territorio veneto ma contro il mantovano. Presso Cremona le due flotte scontraronsi, e Francesco Bembo ammiraglio dei Veneziani arse tutte le navi del duca; ma non avendo forze da sbarco per opporle contro quelle del Visconti che in gran numero spalleggiavano la riva del fiume, tornossene a ' Venezia. Il Carmagnola, che non fu presente a questi fatti d'arme perchè era infermo, rimessosi in salute tornò al suo esercito, che era ben forte di dodicimila cavalli: ma Niccolò Piccinino capitano dei Milanesi, trattolo astutamente presso a Cotolengo, gli fece prigioni mille e cinquecento uomini. I due eserciti si ridussero poscia nelle vicinanze di Cremona, dove per la prima volta, contro il suo perpetuo costume di non
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