Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'279
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
mostrarsi mai fra i soldati che combattevano le sue guerre, si condusse Filippo Maria. Si venne alle mani con grande impeto sotto la sferza del sole di luglio; ma la caligine della polvere che avvolgeva i due eserciti era sì spessa che furono costretti a separarsi senza che l'uno potesse vincere l'altro.
Dipoi in altra maggiore battaglia, ordinata con maravi-glioso accorgimento dal Carmagnola, Carlo Malatesti da Pesaro, preposto dal duca a comandante supremo di tutto lo esercito, cadde in mano degl' inimici con ottomila corazzieri. I soldati rimandavano liberi i prigioni senza riscatto, e il Carmagnola non volendo lasciarsi vincere in generosità da'suoi sottoposti, concesse la libertà ad altri quattro mila. Se ne dolsero con lui ed aspramente lo rimproverarono i cominis-sarii veneziani, i quali non lo poterono indurre a spingersi col vittorioso esercito fino alle porte di Milano. Tratto di storia difficilissimo ad essere chiarito, imperocché non saprebbe dirsi se il Carmagnola fosse di buona fede, o mutato consiglio, parendogli avere ormai bastevolmente punita la ingratitudine del duca, meditasse di riacquistarne la grazia, e togliersi dal soldo dei Veneziani il cui superbo imperio faceva ai capitani sentire la sola abiezione del mestiere delle armi senza concedere loro gli onori e i diletti dell' arte militare.
Il duca, sopraffatto da tanto disastro, costretto a far pace col Savojardo, del quale aveva sposata la figliuola, lasciandogli la citta di Vercelli, si rivolse al papa perché di nuovo s'interponesse come paciere tra lui e i Fiorentini e i Veneziani. La pace fu nuovamente conclusa nello aprile del 1528, nella quale furono compresi gli allegati del duca e tutti gli Stati della lega; e in ispecie i Fiorentini a bello studio annoverarono tra i loro alleati Paolo Guinigi signore di Lucca, non ostante che il suo figlio Ladislao combattesse al soldo del Visconti. Al Carmagnola furono rese la consorte e le figliuole e tolto il sequestro dai beni, la qual cosa accrebbe il sospetto contro di lui negli animi del veneto senato che aspettava il minimo pretesto a spegnerlo.
XVI. In questo frattempo, a cagione della guerra di sopra narrata, seguivano tumulti non lievi in Firenze. Lo erario era esausto; la Signoria aveva mestieri di accrescere le pubbliche
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