Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LICUO OTvTAVO.
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      I Fiorentini e i Veneziani, non ostante che in virtù dell' ultimo trattato avessero riconosciuta a Filippo Visconti la signoria di Genova, accolsero la richiesta dei Genovesi. Rinaldo degli Albizzi, facendo notare questa infrazione e gli effetti dell' alleanza delle tre repubbliche, tolse via ogni esitazione dell' animo del duca e Io persuase alla guerra.
      Senza dichiarare la guerra il duca mosse le armi contro i ribelli Genovesi; ma il suo presidio che s'era rinchiuso nel forte del Castelletto fu costretto a capitolare, e il forte venne subito spianato. Comandò quindi a Niccolò Piccinino che per la riviera di Levante entrasse in Toscana simulando farlo di sua propria volontà per andare in Napoli al soldo del re Alfonso. Assaltò Pietrasanta, Vico Pisano e Barga, ma fu rotto da Francesco Sforza; il quale, stretto di amicizia con Cosimo e largamente aiutato dalle ricchezze di quel ricco mercante, s'era posto al soldo dei Fiorentini. E già egli rivolgeva in mente pensieri da principe non da soldato venturiere. Il Visconti gli aveva promessa la sua figliuola in isposa, e comecché egli per allora combattesse al soldo de'nemici del duca, era sicuro di riconciliarsi con lui sempre che lo avesse reputato opportuno. Papa Eugenio IV, in rimunerazione di avere ristabilita l'autorità della chiesa in tutte le città ad esso ribelli, Io aveva creato signore della Marca d'Ancona. Ma perchè il beneficio era troppo grande, e perchè Francesco Sforza non più dissimulava il pensiero di farsi un principato indipendente nella penisola, il papa, pentitosi del dono fattogli, aveva tentato di farlo assassinare.
      Lo Sforza campò al tradimento che doveva essere commesso da uno de" capitani a lui sottoposti, pel buon voler d'un cardinale che gli rivelò la congiura la vigilia del giorno fissato alla strage. Eugenio tremò vedendosi scoperto, si scusò umilmente gettandone tutta la colpa sul suo consigliere; e Francesco Sforza, da accorto politico, invece di averne pronta vendetta, simulò di non se ne curare come nulla fosse stato.
      XXII. I fatti d'armi e i politici raggiri successi in questo spazio di dieci anni, cioè fino alla morte di Filippo Visconti accaduta nel dì 13 agosto 1447, sono talmente intri-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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