Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'288
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
eati a cagione della cupa, irrequieta e capricciosa indole del duca, che riesce pressoché impossibile a raccontarli ordinatamente. Gli eserciti de' maggiori Stati italiani passano da un luogo ad un altro, si azzuffano, si dividono, tornano ad azzuffarsi, ed a rimanere oziosi quasi provassero diletto a contemplarsi vicendevolmente; le paci si fanno e poco di poi si rompono; non succede in somma un gran fatto, uno di quei fatti che la storia stabilisce come epoca dalla quale incominci un nuovo ordine di cose. E le ragioni precipue mi paiono queste. Primamente le leghe da ambe le parti non operavano di buona fede, e ciò non farebbe maraviglia rispetto al duca di Milano e al re di Napoli che erano principi; ma farebbe maraviglia grandissima rispetto alla repubblica di Venezia e a quella di Firenze, se la loro storia non ci ammonisse che quei due stati liberi, in ispecie Venezia, si astiassero perpetuamente e concordassero per poco tutte le volte che si vedevano strette dal comune interesse o pericolo, per poi tornare alle antiche gelosie. In secondo luogo perchè le armi erano mercenarie, e i soldati, quantunque dopo le due scuole, come allora chiamavansi, de'Bracceschi e degli Sforzeschi, venissero alle mani spinti da un certo spirito di nobile emulazione, non combattevano come le cittadine milizie le battaglie della loro patria, nè come le feudali quelle del loro principe, e quindi dalle loro quasi incruente scaramucce non nascevano effetti di grave importanza. I capitani di quei tempi rendono immagine de'capi delle compagnie comiche, i quali le trasportano da una città in un' altra, ed a quella serbano maggiore affetto dove trovano maggiore utilità.
In coteste guerre Francesco Sforza avrebbe potuto col suo esercito far preponderare l una o l'altra parte se avesse operato secondo coscienza. Ma egli sotto le vesti di venturiero aveva il cuore di principe, non amava punto il vivere civile; e solo perché non aveva pecunia tanta da pagare le sue soldatesche era costretto a starsi al soldo delle due repubbliche; ma in tutte le sue azioni si vedeva lo intendimento di intimorire il duca di Milano e ad un tempo non nuocergli, aspirando pur sempre alla mano della figlia di
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