Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'298
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
meno destro dello Sforza si sarebbe opposto al trattato, ma molestando altrui avrebbe rovinato se stesso. Senza quindi deporre il pensiero di conquistare tutti i possedimenti del suocero, mandò a Venezia un suo fratello per riferire che accettava il trattato, e intanto concesse ai Milanesi una tregua di venti giorni. Era il tempo delle seminagioni. I cittadini, credendo sicura la pace, seminarono i loro campi senza temere i danni delle soldatesche. Ma, spirata la tregua, quando le seminagioni erano già compiute, lo Sforza, dichiarando che non aderiva al trattato, improvvisamente ricondusse lo esercito nel milanese, e cominciò a guastare le campagne, e a predare le vettovaglie che andavano alla città, dacché era suo pensiero di affamare i Milanesi, ridurli alla disperazione, spingerli a tumultuare, mandare a rifascio il governo, ed aprirli le porte. Nè s'ingannava. Invano i Veneziani provaronsi di costringere con le armi Francesco Sforza ad accettare il trattato; sul finire di dicembre del U49 furono sconfitti. Un mese dopo il popolo milanese, non potendo più patire la estrema carestia, mentre i governanti raunati nella chiesa di Santa Maria della Scala si stavano deliberando per dare la città ai Veneziani, si mise a tumultuare.
Il dì seguente i cittadini ragunaronsi nel medesimo tempio; nei furori della disperazione chi proponeva di darsi al re di Francia, chi ad Alfonso di Napoli, al papa, al duca di Savoja, finché un accorto partigiano dello Sforza gì' indusse a gettarsi nelle braccia di costui come il solo che potesse salvare la malarrivata Milano. Lo Sforza, lieto di cotesto avvenimento, si mosse verso la città. A sei miglia trovò una folla di gente corsa ad incontrarlo; i suoi soldati che erano carichi di pane lo distribuirono allo affamato popolo, mentre venivano dietro numerosi convogli di viveri. Lo Sforza trovò le porte spalancate, e fra le fragorose grida de'cittadini che lo acclamavano si condusse al tempio per rendere grazie a Dio d'essere giunto per una lunga via di astuzie e di gloriosi fatti allo ambito trono. Quindi condottosi alla maggior piazza fu gridato duca.
I Veneziani che erano rimasti colti alla rete, male tolleravano di lasciare Francesco Sforza tranquillo a godersi il frutto de' suoi tradimenti. Ingegnandosi di contrastarglielo collega-
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