Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIURO OTTAVO.
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      Jacopo, come ebbe nuova della confessione dello Erizzo sollecitava di continuo il governatore — dinanzi al quale era tenuto ad appresentarsi ogni giorno — perchè venisse richiamato alla patria. Il consiglio de'Dicci non se ne dava pensiero. Cosiffatta ingiustizia rese quasi demente il povero esule che ardeva di rivedere la sposa, i figli, il venerando genitore, e la cruda patria. Scrisse una lettera al duca di Milano supplicandolo volesse ottenergli il richiamo a Venezia: la lettera, come era intendimento di Jacopo, cadde nelle mani delle spie che vegliavano i suoi passi. Il consiglio de' Dieci, avutala nelle mani, ordinò tosto che il colpevole fosse ricondotto a Venezia. Jacopo aveva ottenuto lo intento; ei bramava rivedere Venezia, e adesso con la certezza di essere crudelmente straziato da nuovi supplizii, la rivedeva.
      Tratto al cospetto del Consiglio, e interrogato intorno alla lettera, disse averla scritta non perchè giungesse nelle mani del duca di Milano, ma perchè cadesse in quelle del governo, e ne seguisse ciò che già era seguito. I Dieci lo sottoposero alla tortura e orrendamente gli diruppero le membra senza potergli cavare di bocca altre parole; concessero nel medesimo tempo alla moglie, ai figli e ai genitori di lui licenza di visitarlo in carcere. Il vecchio doge barcollante e appoggiandosi al bastone, e seguito dall' addolorata famiglia, andò a trovare il figliuolo che faceva fasciarsi le ferite. E sotto la fredda calma dell' uomo di Stato ascondendo lo strazio del cuore consolò come meglio seppe il forsennato Jacopo e Io esortò gravemente ad obbedire alla volontà della patria e ritornare all'esilio. Appena, divisosi dal figlio, giunse alle sue stanze, cadde privo di sensi, non potendo la bugiarda freddezza del magistrato vincere la potenza della natura.
      Jacopo, appena approdato al luogo del suo esilio, rotto dallo strazio e dal dolore moriva. Lo atroce consiglio dei Dieci in tal guisa aveva mortalmente trafitto il cuore del vecchio, ma non lo credeva hastevolmente punito, e gli apparecchiava lo estremo e crudelissimo colpo. Jacopo Loredano, avendo ereditato da' suoi maggiori un implacabile odio contro il doge, come fu divenuto capo del Consiglio, fece proporre nell'ottobre del 1457 che il Foscari deponesse la dignità come inetto
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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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