Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIURO OTTAVO.
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      ria della repubblica, e stava vigilantissimo a cogliere il momento più opportuno per piombarvi sopra e farla sua preda, chiedenti i due capi delle fazioni, aveva spedito a Genova armi, soldati e pecunia, bisognevoli a dare lo assalto al Castelletto per cacciarne i Francesi. Carlo VII re di Francia, saputa la nuova della ribellione di Genova, aveva raccolta nelle contrade meridionali del suo regno una poderosa armata che si andava tuttodì avvicinando verso il genovesato. Nella estate si venne alle armi, e fu fatta strage delle soldatesche del re, senza che un solo de'fuggitivi si potesse salvare a nuoto sulle navi francesi, le quali dal mare contemplavano la sconfitta loro.
      XXXIII. I due capi delle parti avversarie erano venuti ad uno accordo per la necessità degli eventi; ma non operavano in buona fede, e appena si reputarono liberi dagli stranieri, gettarono via la maschera. Prospero Adorno alle guardie delle porte fece comandamento di non lasciare entrare Paolo Frugoso , il quale in quella battaglia si era assunto lo incarico di difendere le alture della città. Lo arcivescovo e i suoi seguaci entrarono in città dalla parte del porto, e rifiutando d'uscire,
      10 stesso giorno della battaglia combattuta contro i Francesi, vennero alle armi, sotto gli occhi del capitano degli Sforzeschi,
      11 quale ricusava di parteggiare per 1 uno o per 1' altro, essendo stato mandato dal suo signore, soltanto per aiutare ambidue a cacciare gli stranieri.
      La fortuna fu prospera a Paolo Fregoso, il quale cacciò lo Adorno, e fece gridare doge Luigi Fregoso, quel desso che dal 1448 al 1450 era già stato insignito di quella suprema dignità. Il governatore francese, che già aveva ceduto il castelletto, erasi ritirato a Savona rimasta fida alla Francia; la quale adesso, per la morte di Carlo ubbidiva al figlio di Luigi XI. Questo principe, famosissimo nella storia di quel secolo, mentre era delfino, era ammiratore ed amico di Francesco Sforza, ma appena si vide sul trono disse apertamente agli ambasciatori milanesi essere ormai determinato a difendere con tutte le sue forze quei diritti che spettavano alla sua corona, e quindi gli esortava riferissero al loro signore di non sostenere i ribelli genovesi. Tali parole suonarono male alle


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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