Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      rentina, accomiatò dal suo soldo Bartolommeo Colleoni, perché passasse a quello dei fuorusciti. Assoldati parimente varii altri capitani, misero insieme un esercito di ottomila cavalli e seimila pedoni; e nel maggio del 1467 passarono il Po. Il Medici, che sapute le loro mene, gli aveva fatti condannare nel capo ponendo una taglia sulle loro vite, fece anch' egli formidabili apparecchi e affidò il comando delle armi a Federigo di Montefeltro. Verso il cadere di luglio i due eserciti vennero a battaglia; pugnarono accanitamente da mezzodì (Ino a notte; e fu fatta tanta strage che entrambi reputaronsi sconfitti; e e l'uno dall' altro si discostarono. Pochi giorni dopo sottoscrissero un armistizio, che fu un primo passo verso la pace pubblicata il 2 di febbrajo del 1469 in forma di una bolla, nella quale papa Paolo II, che aveva fatto ogni sforzo per non farla concludere, minacciava la scomunica a chiunque fosse primo a turbarla. Questa pace componeva la concordia fra le parti belligeranti, ma non prometteva nulla agli esuli i quali furono iniquamente abbandonati da coloro che gli avevano spinti alla impresa.
      XXXVIII. Il Medici, in onta alle pene spirituali minacciate dal papa, non osservò le promesse fatte nella sopradetta pace. Non solo non concesse che i fuorusciti rimpatriassero, ma non rese loro i beni già confiscati, e incrudelì maggiormente contro le più cospicue famiglie, quali erano gli Strozzi, i Capponi, i Pitti, i Soderini che non avevano partecipato allo attentato degli esuli. A spaventare il popolo con nuove condannagioni, si appigliò alla vecchia usanza dei tiranni, a quella cioè di inventare congiure e mozzare le teste a tutti coloro che reputava pericolosi alla sua potenza. Ma, sempre travagliato dai mali e quasi paralitico, lasciava il governo della cosa pubblica in mano ai suoi satelliti, i quali trafficavano svergognatamente gli uffici dello stato e la giustizia senza verun timore delle leggi che erano ottime. La plebe nondimeno non odiava la tirannide perchè era inebriata dalle frequenti splendidissime foste, mentre gli uomini dotti, che Pietro ad esempio del genitore seguitava ad accogliere e pascere nelle sue sale ospitali, ne celebravano la liberalità, la bontà e perfino Io ingegno, e apparecchiavano la reputazione ai suoi figli Lorenzo e Giù-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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