Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      cose. I cittadini accolsero onorevolmente e promisero di tenere principi dello stato Lorenzo e Giuliano, i quali mostra-ronsi commossi a queir insigne omaggio, e giurarono di venerare la repubblica come madre, pregando nel tempo stesso i più savii cittadini a guidare la loro inesperta giovinezza nel-1' amministrazione dello Stato. E in sulle prime tennero la promessa lasciando a coloro che, sotto Pietro avevano amministrato il governo, l'antica autorità e il consueto arbitrio, e ad altro non badando che agli studii e a vivere fra mezzo agl'illustri cortigiani famigliari dell'avo e del padre, infausti strumenti della servitù dei liberi popoli, veri e validissimi puntelli alla nascente tirannide.
      XXXIX. Le cose promettevano una lunga quiete a Firenze, la quale oramai mostravasi più sollecita delle feste, de'tornei, delle giostre che della propria libertà; cominciava ad essere sdegnosa dell'austerità dei costumi e sdrucciolava con insana bramosia nel fasto, nel lusso, e in ogni generazione di corrotto vivere; come difatti ne fece mostra allorquando Galeazzo Sforza recossi in Firenze a farvi pompa d'un fasto la cui descrizione parrebbe un mirabile trovato della fantasia d'un romanziere se non ci fosse con semplici e non cercate parole tramandata da'cronisti di quella età. Mentre Lorenzo s'ingegnava di fare principesche accoglienze allo augusto suo ospite, la Repubblica fuori di modo largheggiò in magnificenza e liberalità. Il popolo tripudiava come se si trattasse di alcun prospero avvenimento concernente la cosa pubblica, e si educava al futuro servaggio, pago di quietamente vegetare sotto il principato, che di vivere tumultuosamente sotto il popolare governo. Due fatti intervenuti in quel tempo provarono come lo amore del libero vivere, nello spazio di trentacinque anni fosse più tiepido e meno universale che nei precedenti tempi.
      XL. Bernardo Nardi fuoruscito, dopo la morte di Piero dei Medici, tentò di far nascere un rivolgimento in Firenze accendendo la guerra nel territorio della repubblica. Con una mano di contadini entrò nottetempo in Prato, e corse le vie chiamando i cittadini a libertà. Ma nessuno si mosse; e la signoria, presso la quale egli si recò dopo di avere preso il palazzo e fatto prigioniero il potestà, rispose volere mante-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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