Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      mento di inalzare una fila di fortificazioni dal forte del Castelletto tino al mare, così che la città rimanesse divisa in due parti, tra le quali si potesse, ad arbitrio del governo, togliere ogni comunicazione. Mentre si scavavano le fondamenta, Lazzaro Doria a nome della repubblica ingiunse agli operai di astenersi. Il fremente popolo fece plauso all' atto ardimentoso del Doria, i lavoranti cessarono dall'opere loro; e il governatore temendo che il popolo non insorgesse si chiuse nel Castelletto. Il duca, ricevutane la nuova, trascese alla più bestiale collera, e comandò che gli fossero mandati a Milano otto dei più cospicui cittadini. Se non che, appena avutili al suo cospetto, li accolse benevolmente e li rimandò illesi alla patria, imperocché egli era uomo d'indole oltre ogni dire mutabile e capricciosa; era sempre assetato di sangue e inchinevole ad ogni opera mala, ma la natura gli aveva posta in petto tanta pusillanimità ch'egli improvvisamente dalla rabbia della tigre passava alla trepidazione del coniglio. Per allora non fu più parlato delle sopradette nè d'altre fortificazioni, e le cose parvero ritornate al primo stato ; non per ciò i Genovesi aspettavansi alcun che di buono dal loro tiranno. I più animosi facevano divisamento di rivendicare in libertà la patria: un generoso sforzo tentato da Girolamo Gentile non conseguì lo effetto; i cittadini, trepidanti della sterminata potenza del duca, reputavano follia ogni pensiero di scuotere il suo giogo.
      XLIII. I Milanesi pensavano in modo assai diverso; non dico il popolo che da lungo tempo era assuefatto a considerare come legittima la dominazione dei Visconti e degli Sforza loro successori, ma quei nel cui petto non era spento ogni senso di libertà, o coloro i quali avevano qualche atroce ingiuria da vendicare; e questi tali non erano pochi. Galeazzo Sforza, oltre all'essere crudelissimo uomo,era divorato da una gran febbre di lussuria. Appagare semplicemente le sue voglie lascive per lui era poco se non le accompagnava con altre dolcezze veramente principesche. Rapiva le spose e le fanciulle di qual si fosse cittadino, le disonorava, e non era pago se non vedeva in preda allo strazio e alla disperazione i inaritiei genitori delle vittime; così dopo commesso l'oltrag-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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