Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO OTTAVO.
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gio, godeva di palesarlo pubblicamente; nè ciò era tutto; spesse volte le donne da lui contaminate dava in mano alle sue soldatesche perchè brutalmente le vituperassero, e poscia andava in estasi di gioja, facendosi raccontare quelle nefande scene.
Tante enormezze stancarono alla perfine la pazienza divina e la umana. Fra coloro che erano stati disonorati da Galeazzo erano due giovani d'illustri famiglie, chiamati Carlo Visconti e Girolamo Olgiato. Un Andrea Lampugnani aveva anche egli forte cagione di odiare il duca. Il loro maestro Niccola Montani insegnava fra le sante e gloriose opere, con le quali un uomo si potesse rendere benemerito de'suoi concittadini e della universa umanità, santissima e gloriosissima essere quella di trucidare un tiranno; e sebbene coteste parole apertamente egli non applicasse a Galeazzo; pure copertamente ad esso accennava, imperciocché vuoisi che il duca, appena asceso al trono, per vendicarsi del rigore che il Montani suo precettore gli aveva mostrato nell' erudirlo nelle lettere, lo facesse pubblicamente frustare. L'Olgiato e il Lampugnani e Carlo Visconti fecero divisamento di affrontare qual si fosse pericolo per ispegnere il tiranno; e deliberarono di assassinarlo mentre pel dì di Santo Stefano, cioè il 26 dicembre 1476, recavasi solennemente in chiesa. Apparecchiaronsi all' ardua impresa con gran divozione, assisterono alla messa, invocarono lo ajuto di Dio e dei suoi santi, e in ispecie di Santo Ambrogio glorioso, patrono della città di Milano, e con gran destrezza pugnalarono il duca, il quale appena ebbe tempo di dire Gesù, e cadde morto. Fra il tremendo tumulto che seguì nel tempio i congiurati tentando salvarsi con la fuga, furono riconosciuti; il Lampugnani e il Visconti furono trucidati; all'Olgiato venne fatto di salvarsi, ma, ridottosi in casa del padre, gli furono chiuse le porte in viso. Ebbe ricovero in casa di un amico, e già stava per uscire e sommuovere il popolo, quando vide orrendamente strascinare per le vie il cadavere del Lampugnani. Gli cadde giù l'animo, e si lasciò porre addosso le mani dagli sgherri ducali. Fu sottoposto ad atrocissima tortura, fece ampia ed aperta confessione del fatto, e fu dannato ad essere attanagliato vivo. Egli aveva
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