Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'330
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
appena ventidue anni d'età; gli scrittori ligi al governo non trovarono argomento per infamare la sua virtù che ricordava gli esempi degli antichi repubblicani; e la sua memoria giunse cara ed onorata ai posteri. Milano non fece il minimo sforzo per iscuotere la odiata tirannide; riconobbe per suo signore il primogenito Giovanni Galeazzo che era in età di otto anni, e la reggenza della vedova duchessa, la quale lasciava guidarsi dal senno e dalla espertezza di Cecco Simonetta, che era stato segretario di Francesco Sforza e ministro del figliuolo, ed aveva somma reputazione presso tutti i più illustri uomini d'Italia e i potentati stranieri.
XLIV. Genova, come è da supporsi, si commosse alla nuova della morte del duca; nondimeno pei primi giorni al governatore venne fatto di mantenere la pubblica quieto. Circa due mesi dopo Giorgio e Matteo Fieschi, che di quella potente famiglia erano i soli che non fossero in esilio, fecero appropinquare alla città i loro partigiani, e messili destramente dentro le mura, chiamarono il popolo alle armi. Erano per cedere allorquando Pietro Doria, benaffetto al duca, mise da parte lo antico rancore che divideva le due famiglie, e si congiunse coi Fieschi. Allora il popolo di Genova non ebbe più freno e insorse tuttoquanto. Le milizie milanesi non osando affrontarne l'impeto, si rinchiusero nella fortezza. I Genovesi gridarono libera la città ed elessero a reggerla nuovi magistrati.
La reggenza di Milano conobbe la gravità del caso e tentennava fra mille pensieri. Cecco Simonetta alla perline conobbe una essere la via più spedita e sicura di ricuperare il ribelle comune. Fece trarre fuori dalle prigioni di Cremona Prospero Adorno, gli propose di farlo primo fra tutti i cittadini purché riuscisse a rimettere su l'autorità del nuovo duca, non sciolta d'ogni freno come l'aveva negli ultimi anni esercitata il defunto principe, ma temperata dagli statuti e dai privilegi del comune secondo i patti con che la signoria era stata data a Francesco Sforza. Prospero Adorno accettò la profferta, e con un formidabile esercito s'avviò verso Genova. Quivi dalle più lontane parti d'Italia erano accorsi gli esuli di tutte le fazioni, e finché non costrinsero il presidio ducale
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