Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO OTTAVO.
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      con gran pompa solennizzarsi in Firenze. In occasione di tali feste i congiurati deliberarono di spegnere i Medici; la riuscita della impresa stava tutta nel fare un solo colpo. Ma disperando, dopo parecchie prove, di cogliere i due fratelli insieme, appigliaronsi allo espediente di trucidarli in chiesa alla quale non avrebbero ricusato di andare. Il segnale del colpo doveva essere il momento in cui il sacerdote a mezzo la messa leva in alto l'ostia santa. Giovanni Battista Montesecco, strenuo guerriero che aveva preso lo incarico di trucidare Lorenzo, come seppe che doveva eseguirsi in chiesa, abborrendo d'aggiungere il sacrilegio allo assassinio, ricusò di farlo. Ondo ne fu dato lo incarico ad Antonio da Volterra notajo apostolico e a Stefano di Montemurlo, ambidue preti. Francesco dei Pazzi e Bernardo Bandini dovevano ammazzare Giuliano; gli altri congiurati starsi dispersi in chiesa fra mezzo agli astanti; mentre al suono delle campane l'arcivescovo Salviati con Jacopo Bracciolini ed altri dovevano porre le mani addosso ai signori in Palazzo.
      Dato il segnale, i congiurati scagliaronsi; Giuliano in un baleno cadde intriso nel proprio sangue; Lorenzo sguainò la spada, svincolossi dalle mani tremanti dei due preti, e corse a racchiudersi nella prossima sagrestia. E' fu un tremendo scompiglio. I fautori dei Medici trassero fuori i ferri. I due preti che precipitosamente fuggivano furono fatti in pezzi. Francesco dei Pazzi corse a casa sua, e non potendo per una ferita fattasi in una coscia correre a cavallo le vie per chiamare il popolo a libertà, incitò lo zio Jacopo, il quale, ancorché vecchio, uscì seguito da un cento d'uomini armati; e come vide il popolo sordo alle sue voci e gridare vendetta contro gli assassini dei Medici, si dette alla fuga. Il Bandini era fuggito anch'esso. Lo arcivescovo Salviati era andato coi suoi in palazzo; ma ragionando col gonfaloniere quasi volesse riferirgli alcuna cosa per commissione del pontefice, manifestò tale turbamento negli atti e nelle parole che l'altro, sospettando forte, uscì dalla stanza, afferrò Jacopo Bracciolini compagno del Salviati, e lo consegnò ai suoi sergenti. Di lì a poco giunse in palazzo la nuova del fatto successo nel duomo, e il palazzo fu tutto sossopra. Poco dopo lo Arcivescovo, il Brac-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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