Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO OTTAVO.
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      s'ingannavano, dacché tanta umiltà altro non fece che accrescere la collera di Sisto, il quale, appena spirato il mese concesso loro ad obbedire, fulminò una più terribile scomunica, vietando a tutti i fedeli ogni relazione coi fiorentini, e ciò che più gì'importava, inibendo a ogni capitano e ad ogni guerriero di porsi al soldo della repubblica.
      I Fiorentini, vedendo di non potere nulla ottenere con la moderazione, si apparecchiarono a sostenere la guerra. Assoldati alcuni capitani, per togliere ogni pretesto alle gelosie di mestiere, le quali già essendosi manifestate, impedivano che le varie soldatesche operassero come un solo esercito, mossero pratiche con Ercole duca di Ferrara, al quale offrivano il supremo comando. Invano i Veneziani fecero notare siffatta nomina essere olire modo pericolosa, o almeno di nessuna utilità; imperciocché il duca essendo genero di Ferdinando di Napoli, non avrebbe di buon animo combattuto contro il duca di Calabria che conduceva le milizie napoletane. Dopo molti dubbii e cavilli Ercole accettò il comando, frappose indugii a prendere solennemente l'ufficio, e intanto lo esercito nemico guastava il territorio della repubblica, espugnava castelli e fortezze, e minacciava sempre più dappresso Firenze. I Veneziani, chiesti di soccorso giusta i patti della lega, risposero non potere a cagione della guerra coi Turchi, e inoltre non essere tenuti a intromettersi in un conflitto intrapreso non contro la repubblica, ma contro il solo Lorenzo dei Medici. La duchessa di Milano non osava scemare le sue forze, imperciocché erasi accorta che il papa e Ferdinando studia-vansi di suscitarle gravi perturbazioni in Lombardia, come di lì a poco avvenne.
      L. I Fiorentini adunque erano ridotti quasi alle sole proprie forze. Per la qual cosa Lorenzo dei Medici, con finissima astuzia fatti convocare a consiglio i magistrati e trecento dei più cospicui cittadini, disse essere apparecchiato allo esilio, alla morte o a qual si fosse altra pena, purché la Repubblica non patisse detrimento d'una guerra che il papa e il re dicevano fatta a lui solo. Ma mentre poneva la sua sorte nelle mani de' suoi concittadini, dimostrò, rammentando gli antichi esempii, che Firenze, quante volle non le venisse meno laStoria dei Comuni italiani. —2. 29


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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