Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      '345 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      entrata in Milano, Lodovico fece dichiarare maggiorenne Giovanni Galeazzo Maria, quantunque non toccasse per anche il dodicesimo anno. La duchessa Bona in cosiffatto modo rimase priva d'ogni autorità nello stato, e come vide imprigionato, spogliato degli averi e poi bandito dal ducato Antonio Tassini, con l'anima rotta dallo strazio e dallo avvilimento usci anch' essa da Milano. Ormai Lodovico il Moro regnava assoluto ne' vasti dominii che di solo nome dicevansi soggetti al nepote.
      LIV. Lorenzo de'Medici rimase atterrito da cotesto rivolgimento seguito nel milanese governo. Egli, che sperava tanto e non senza solido fondamento nella duchessa Bona, adesso ebbe cagione a temere di Lodovico che le persecuzioni dianzi sostenute avevano collegato con Ferdinando di Napoli. Era mestieri quindi che Lorenzo si premunisse contro lo accresciuto pericolo. Poiché ei l'ebbe fatto toccare con mano ai Veneziani, gì' indusse a mandare ambasciatori a nome delle due repubbliche oltremonti a fine di muovere lo erede di Ranieri di Provenza a rivendicare i propri diritti sul reame di Napoli usurpatigli dai principi d'Aragona. Ranieri, a dir vero, essendo vecchissimo e non avendo figliuoli nè nipoti discendenti in linea mascolina, aveva nominato erede di tutti i diritti della casa d'Angiò un figlio della sua figliuola detto Ranieri II ch'era duca di Lorena. Con esso gli oratori della liorentina repubblica e della veneta trattavano allorquando a Lorenzo de'Medici giunsero improvvisamente da parte del duca di Calabria proposte di pace. Motore di cosiffatte proposte era Lodovico il Moro, il quale avendo intendimento di usurpare il trono del nepote, non solo non poteva volere nuove complicanze di più forte guerra in Italia, ma desiderava, ricomponendo la concordia fra i diversi Stati, rompere la colleganza tra Ferdinando e Sisto IV. Il re di Napoli aprì gli occhi e vide le condizioni nelle quali lo aveva implicato la guerra, e riconobbe l'utilità della pace. Il papa ostinatamente la rigettava; ma per non accrescere i clamori che il suo scandaloso procedere aveva destati in tutta la cristianità, fece sembiante di assentirvi. Se non che propose condizioni tali da non potersi accettare nè anco da una repubblica che avesse mezza la potenza e la saviezza della fiorentina.


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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