Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO NO.NO.
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consuetudini loro. Ma come i Fiorentini perderono di fatto il libero esercizio delle istituzioni democratiche, e si lasciarono reggere dalla sola volontà dei Medici e de' loro satelliti, i Comuni soggetti sentirono più peso il giogo della repubblica signora; i pubblici uffici furono occupati da uomini mandati da Firenze e quindi cagnotti del governo. Che anzi a togliere ai malcontenti ogni cagione di ribellare, vi spensero ogni traffico, segnatamente in Pisa, di guisa che quella città, un tempo sì forte e opulenta e temuta per mare e per terra, era caduta nella più deplorabile miseria. Ma non valgono umani argomenti a estirpare di fondo al cuore del popolo, nel quale latenti ma perenni si serbano, il sentimento della libertà e la memoria delle patrie glorie. I Pisani tacendo portavano il giogo, non per ciò erano meno inchinevoli e parati a cogliere la prima occasione per liberarsi de' loro oppressori. E il desiato giorno parve sorgere in Pisa con la venuta delle armi francesi. Bastò a Lodovico il Moro per mezzo di un suo espertissimo ministro soffiare in quel fuoco che da lunghissimi anni non dava più segni di vita, perchè divampasse improvviso e potente. Simone Orlandi cospicuo gentiluomo ragunò in casa propria quelli tra' cittadini che a lui parevano più animosi e ardenti di scuotere il giogo, e si fece eleggere oratore a Carlo Vili per arringare la causa della infelice città. Simone, che speditamente parlava lo idioma francese, orò dinanzi al re con tale passionata facondia, fece tale viva pittura dei mali che pativano i Pisani, che i gentiluomini del regio corteo ne rimasero commossi. Lo stesso Carlo sentendosi laudare e rammentare d'aver detto' muovendo da Francia eh' ei voleva liberare l'Italia dalle ugne de' suoi tiranni, senza pensare alla fede data a Pietro de'Medici e agli ambasciatori fiorentini, assentì di gran cuore che i Pisani ricuperassero la libertà loro.
La parola libertà, profferita da un re creduto grande e prode cavaliere, commosse tremendamente il popolo pisano, il quale con grande impeto insorgendo assalì soldati, gabellieri, esattori, e tutti gli ufficiali fiorentini; gettò giù gli stemmi di Firenze, e gridò rinata la repubblica, a governare la quale furono deputati dieci cittadini.
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