Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO NO.NO.
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      verso i suoi esperti uomini di stato, lasciava governarsi solo da quelle che il frate chiamava rivelazioni del cielo.
      XII. Intanto l'esito prospero della impresa di Napoli aveva resi attoniti gì' Italiani tutti. I Francesi spadroneggiavano nel regno, e apertamente dicevano con ispregio di volere porre sotto la dominazione loro la intera Italia. Era adunque tempo che gli Stati italiani pensassero alla propria salvezza collcgan-dosi insieme contro lo straniero conquistatore. Sollecitava cosiffatta lega Lodovico il Moro, quel desso che aveva chiamato Carlo alle italiche contrade, imperocché il duca di Orleans da Asti, città a lui soggetta, minacciava senza sotterfugii il territorio milanese. I Veneziani, che alla discesa di Carlo pensavano eh' egli non solo non avesse a riuscire nella spedizione, ma per la sua mutabile indole e per le difficoltà stesse della cosa se ne avesse a svogliare, e dopo una scena da cavaliere errante tornarsene in Francia, e quindi non avevano voluto collegarsi né con lui né con Ferdinando di Napoli, adesso, fatti accorti del pericolo, studiavansi di provvedere al futuro. Venezia quindi fu il luogo di convegno dove gli ambasciatori di tutti gli stati italiani con somma secretezza ordirono una lega. Alla quale agevolmente aderirono il papa, lo imperatore germanico, e il re di Spagna. La lega fu conclusa nel marzo del 1495 e se ne fecero pubbliche feste. I collegati stipularono difendersi vicendevolmente per anni venticinque; mettere insieme un esercito di trentaquattromila cavalli e ventimila fanti ; e se il bisogno lo volesse, allestire una flotta da armarsi dagli stati marittimi. Gli altri principi e Stati italiani, e in ispe-cie il duca di Ferrara e Firenze, furono sollecitati ad entrarvi, ma l'uno non osando dichiararsi apertamente ostile alla Francia mandò allo esercito milanese Alfonso suo primogenito, e l'altra, dissuasa dal Savonarola, comecché avesse gravissime ragioni di sdegno contro lo ingrato e sleale monarca che le aveva truffata tanta pecunia senza mantenere i patti, ricusò di partecipare alla lega.
      Lo ambasciatore francese Filippo di Comines dopo essersi invano sforzato di impedire che si raccogliesse tanto nembo di guerra contro il suo signore, adesso gli scriveva pensasse da senno ad assicurarsi senza pericolo il ritorno in Francia ;


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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