Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'388
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
nava la repubblica fu forza promettere che avrebbe ai popolani dato due terzi degli ufficii; e perchè la sola promessa non era bastevole, il dì dopo fu proposta e vinta in Consiglio e sanzionata come leggo dello stato. La vittoria inebbriò quelli della parte popolana che erano plebe. Insorsero nuovamente tre giorni dopo e corsero ad assaltare le case dei nobili per saccheggiarle. I maggiorenti dei popolani non poterono impedirlo. I nobili furono costretti a fuggire in Asti dove stavasi Filippo di Ravenstein dal re nominato governatore di Genova. Non indugiarono a giungervi parimente ambasciatori dalla città deputati a difenderla dalle calunnie dei nobili, e a protestare obbedienza e fedeltà al re Luigi XII.
Il governatore entrò in Genova circondato dai suoi soldati per atterrire i malcontenti. Ma non valse; e'fu costretto a concedere che i pubblici ufficiali si eleggessero secondo la nuova riforma, e che si creasse un magistrato di otto tribuni difensori del popolo.
Mentre il Ravenstein pareva conoscere la necessità e cedere alle richieste del popolo genovese, il Comune aveva spedito al re un giureconsulto a fine di provargli e difendere le libertà popolari. Luigi, al quale dai profughi era stato riferito che i Genovesi erano pronti a porre la loro repubblica sotto la protezione di un altro principe straniero, e, stringendo il bisogno, dargliene la signoria, incominciava a dar torto ai nobili e ragione agli insorti. E la vera cagione di cosiffatta generosità non era l'amore della giustizia e molto meno la riverenza per le libertà municipali di quella antichissima repubblica; era il timore che Genova non si gettasse nelle braccia del re di Castiglia, del quale quello di Francia fortemente sospettava. Approvò dunque la riforma già consentita dal governatore, ma volle che a Giovanni Lodovico del Fiesco (capo della fazione dei nobili e grandemente abborrito dal popolo fossero resi i feudi da lui posseduti nella riviera di Levante. Sebbene il minuto popolo non volesse assentire a questa condizione, imperocché reputava gravissima imprudenza lasciare nelle mani del peggiore nemico tante fortezze, dalle quali poteva di continuo molestare la città e a suo senno turbarla; nulladimeno perchè i popolani ricchi ne erano contenti, i tri-
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