Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO NO.NO.
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germogliava; ma Leone per l'autorità sua poteva governare le cose in modo che il fuoco, se non ispento, rimanesse circoscritto; egli poteva rialzare la libertà prostrata ma non per anche estinta, e consolidare la indipendenza della Italia. Invece fu egli col suo tergiversare, col suo frequente fare e rompere alleanze, colui che inanimì e aizzò gli stranieri a nuove guerre quasi sfaccendato signore che per proprio sollazzo promuova un grande spettar,olo.
XXX. E sulla scena del mondo erano pur allora comparsi nuovi protagonisti che parevano dalla inesorabile ira del Cielo mandati in terra per rappresentare un dramma di tradimenti, di sangue e di distruzione. L'uno era Carlo di Gand, il quale alla materna eredità, che comprendeva la Spagna, il regno di Napoli e le Indie, doveva pochi anni dopo congiungere quasi per avito retaggio lo impero germanico con tutte le sue dipendenze. L'altro era Francesco I erede del bel reame di Francia e dei diritti degli Angioini non che dei Visconti sull'Italia. La fortuna gli aveva posti in condizione di rivali; pro-varonsi concorrendo come candidati allo impero; Carlo vinse la prova: e da quel tempo entrambi osteggiaronsi per bramosia di vincersi vicendevolmente. E poiché da circa venti anni l'arena dovei loro predecessori avevano lottato era l'Italia, anch' essi scesero in Italia e vennero alle mani, e là corsero più volte, e più volte la insanguinarono, e la tradirono per calpestarla e porla in condizione da non risorgere mai più.
Le guerre adunque che questi due principi combatterono nelle italiche Provincie possono chiamarsi guerre europee; e non v'è storico di quei tempi o dei nostri che trattando di qualche stato faciente parte della Europa civile, più o meno lungamente non le descriva. Noi ne toccheremo quel tanto che spetta più davvicino alla storia peculiare dei comuni; i quali, quasi per la prima volta si accorgessero de'lacrimevoli effetti delle loro fraterne contese, cessarono di osteggiarsi fra loro, intenti ad accentrare in sé le proprie forze per salvarsi.
XXXI. La repubblica di Venezia parve quasi per miracolo scampata di fondo alla rovina dove l'aveva precipitata la lega più formidabile che fosse mai stata in Italia. Ella dopo d'avere con portentosa costanza sostenuto una guerra di otto anni,
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