Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO NO.NO.
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      altro de' suoi antenati acceso della bramosia d'inalzare la propria famiglia. La qual cosa lo spinse a gravissime imprudenze che non erano da aspettarsi e nemmanco parevano credibili in un uomo come lui. E nondimeno della medicea famiglia non rimanevano che due soli giovinetti bastardi, Ippolito ed Alessandro. Suo primo pensiero adunque fu quello di mandarli in Firenze perchè reggessero la repubblica sotto la tutela di Silvio Passerini cardinale di Cortona. I Fiorentini, o a dir vero, la fazione medicea che allora aveva nello proprie mani il governo dello Stato, accolsero i giovanetti, ma mentre amavano Ippolito che dicevasi figlio naturale di Giuliano, e gli davano il soprannome di Magnifico, detestavano Alessandro in memoria di Lorenzo duca d' Urbino al quale alcuni lo dicevano figliuolo, sebbene i più credessero che allo stesso papa lo avesse partorito una schiava affricana. E questo sospetto divenne quasi certezza allorché Clemente, invaso da frenetico affetto verso Alessandro, pose a repentaglio reputazione e vita per procacciargli un principato, e perfino non abborrì di rendersi parricida della patria per farnelo tiranno. Ma per allora cosiffatti pensieri forse non si volgevano ben chiari e distinti nel cervello del papa, al quale già si apparecchiavano giorni di amaritudine e di spavento.
      XXXIV. Carlo V era di nuovo venuto alle mani coi Francesi che avevano fermata una lega, di cui era parte principale la veneta repubblica. Success ero varii fatti d'arme sanguinosissimi; in uno dei quali lo stesso re di Francia volle trovarsi a capo del suo poderoso esercito finché venne fatto prigioniero da Francesco d'Avalos marchese di Pescara che comandava gì' imperiali. Questo gran fatto e il trattato che il regio prigioniero fu poi costretto a firmare in Madrid, diedero la preponderanza a Carlo V; ed altri non meno gravi eventi fecero temere eh' egli fosse per istabilire la monarchia universale.
      E' fu allora che il papa e i principi italiani si accòrsero della grandezza del pericolo che minacciava la loro esistenza. Essi nella caduta de'Francesi trovaronsi ridotti in balìa del vincitore. I capitani spagnuoli taglieggiavano i principi e le repubbliche; imponevano gravezze di pecunia, e reparlivano la somma che gli Stati erano costretti a pagare. In sulla scena


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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