Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

Pagina (435/507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

      '435 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      vato dell' ufficio e chiamato in giudizio. Il Capponi non seppe o sdegnò purgarsi di un fatto eh' egli non credeva colpevole. Fu quindi deposto, e gli successe Francesco Carducci, Niccolò Capponi innanzi ai suoi giudici si condusse con animo più nobile che non avesse fatto fra mezzo al Consiglio. Difese le intenzioni e le opere proprie; si purgò d'ogni più lieve macchia; venne con unanimi voti assoluto, e dal popolo fu condotto a casa in trionfo.
      Ma i tempi maggiormente intristivano ; al nuovo gonfaloniere fu necessario domandare straordinaria autorità come si conveniva a circostanze straordinarie, specialmente rispetto alle pubbliche gravezze. Impose imprestiti forzosi ed arbitrarii ; ordinò che fossero riposte nelle terre murate tutte le grasce (lei territorio. Si fece dare ostaggi dalle città perchè non ribellassero ; ed elesse sette commissarii con potestà -dittatoria sopra tutti i pubblici ufficiali. Ma come il pericolo si rese più grave, i Dieci della guerra intimarono ad Ercole d'Este, già eletto capitano supremo dell'armi della repubblica, di recarsi ' al suo posto. Costui pria tergiversò; poi non volle apertamente dargli licenza il padre suo Alfonso duca di Ferrara, il quale ingegnavasi di rappacificarsi con lo imperatore; ed al papa, appena ribenedettolo, fornì artiglierie e soldati. Era dunque mestieri eleggere un altro capitano; la qual cosa non riusciva cotanto agevole, imperocché i guerrieri, che la repubblica nel terrore delle vittorie di Carlo V era stata costretta a chiamare ai suoi servigi, astiavansi a vicenda o erano l'uno dell'altro gelosi, e non volevano sottoporsi a uno che per grado non fosse da più di loro. I Fiorentini pochi mesi dopo furono costretti a dare il supremo comando dell'armi a un solenne traditore che fu cagiono precipua della rovina loro.
      XLIII. L'imperatore aveva affidata al Principe d'Orange la improsa di Firenze. Non ostante che il papa detestasse quel capitano, il quale dopo la morte del Duca di Borbone, rimasto capo dello esercito che prese Roma, l'aveva orrendamente saccheggiata, tenendo prigione e insultando Clemente con vi-tuperii d'ogni specie, sentiva tanta brama di avere Firenze tra le mani che come si era lasciato andare a concedere ogni cosa allo imperatore, così adesso poneva da parte lo sdegno


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

   

Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

Pagina (435/507)






Capponi Francesco Carducci Niccolò Capponi Consiglio Dieci Ercole Este Alfonso Ferrara Carlo V Fiorentini Principe Orange Firenze Duca Borbone Roma Clemente Firenze