Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      che rimaneva più esposta all'impeto degli assediami fu data in custodia a quella specie di milizia che chiamavasi ordinanza e che era sotto il comando di Stefano Colonna. Quivi il Colonna comandava quasi assoluto, mentre tutto il carico della guerra fu affidato a Malatesta Baglioni. Ad eleggere costui i Fiorentini erano stati spinti da parecchie ragioni, non ultima delle quali era quella che egli e il padre suo erano stati dalla repubblica difesi contro le insidie del Duca Valentino, e in Perugia sostenuti contro i domestici nemici. Inoltre aspirando Malatesta alla signoria del suo comune era naturalmente nemico del papa, il quale senza sotterfugii voleva ridurlo in servitù ed incorporarlo negli Stati della Chiesa. Non poteva adunque supporsi accordo possibile tra il papa e il Baglioni. Nulladi-meno, allorché si trattò di conferire a lui quel grado di cui prima era rivestito il figlio del Duca di Ferrara, molti furono i dispareri de' savii cittadini nel Consiglio, finché le proteste di affetto verso la repubblica fatte ripetutamente da quello scaltro uomo, gli procacciarono i suffragi. Nel gennaio del 1530 egli prestò il giuramento di fedeltà alla repubblica nelle mani del nuovo gonfaloniere Raffaello Girolami, il quale con le debite cerimonie e con grandissima pompa gli consegnò il bastone del comando. Malatesta Baglioni, cavalcando per la città accompagnato da tutti i capitani e da gran parte de'soldati in ordinanza, si condusse di là d'Arno, dove prese alloggiamento come in luogo più propinquo al quartiere maggiormente esposto alle aggressioni degl'inimici.
      Non essendo più da sperare nel paese posto fra levante e mezzogiorno del territorio, caduto già in mano degl'imperiali, i Fiorentini provvidero di guardare le altre città dello Stato. Cosi furono approvvigionate a difendersi Prato, Pistoia, Volterra, Empoli, Pisa, Colle e Montepulciano. Gli Spagnuoli intanto condotti dal marchese del Guasto avevano espugnato San Miniato al Tedesco, e di là infestavano le vicine campagne. Ma avevano a fronte il più gran guerriero della repubblica, guerriero cittadino che per coraggio non essendo inferiore ai più feroci capitani di ventura, e per prudenza ai più esperti condottieri, abborriva dalle immanità degli uni e degli altri, e militava per la salute della città sua con lo affetto e la più che
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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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