Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO NO.NO.
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      imperadore primo. Onde la repubblica fiorentina mossa dalla fama che di voi per tutto il mondo è sparsa, di avere in sè tutte queste virtù raccolte, è ricorsa per ricuperazione della sua libertà confidentemente a V. M., giudicando non possiate mancare alla benigna natura vostra, nè vogliate l'intera fama vostra con gli altrui difetti maculare. Per conservazione della quale pare che mostrare deviate allo stesso mondo, a cui largamente è nota la crudelissima tirannide della nostra città, che siccome tu non appetisci ingiustamente dominare altrui, così ancora consentir non vuoi che altri sotto il glorioso nome tuo per forza signoreggi. E che della tirannide della nostra città sia a te la colpa attribuita, è manifesto per due ragioni: l'una, che il felicissimo esercito tuo, e non altra forza, fu quello che ne costrinse cedere alla volontà di colui, che te innanzi aveva ingannato, e noi allora ingannò, e di nuovo t'ingannava se viveva : l'altra, che il nuovo tiranno geloso non che dello Stato, ma della vita, timido si ricopre sotto l'ombra della felice tua fortuna, predicando e spargendo per tutto, la violente signoria sua essere secondo la volontà vostra, perchè dice essergli stato dagli agenti vostri ordinato. Ma non ci è ascosto essi avere in questo caso l'autorità usata più che non aveano larga, e piuttosto avere a papa Clemente compiaèiuto, che alla mente satisfatto di V. M., perchè sappiamo quella essere al bene universale inclinata della nostra repubblica, e voler che la città civilmente si governi ; onde che per lui non poco s'oscura la lucidissima fama di T. M., facendo quella capo, adiutrice e mantenitrice delle sue crudeltà e ingiustizie. Per le quali ragioni, concludendo questa parte, il rispetto del grido vi debbe nuocere, benignissimo imperadore, alla satisfa-zione di nostre giuste preghiere.
      » Ma che diremo de'meriti che appresso a Dio conseguirai , e dell' onore e della fama che fra gli uomini riporterai d' un' opera non manco pietosa che generosa, che fia questa degna propriamente della T. M.? E qual cosa fa un principe più onorato e più glorioso,che la grandezza dell'imprese, accompagnate colla fama di giustizia e di clemenza e liberalità ; e per l'opposito qual cosa gli oscura più la gloria, e lo rende più infame e biasimévole, che la grida d'ingiusto e crudele eStoria dei Comuni italiani. — 2. 39


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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