Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO NOMO.
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procurato e procura l'util suo con la distruzione di quella, ma alla fine sarà propria. E alla clemenza vostra e grandezza dell'animo cesareo si aspetta di medicar le cose passate, riceverne a grazia e pigliare di noi la difensione, perdonarci con la misericordia gli errori, e con la magnanimità la città nostra restituire alla sua civiltà: nel qual modo la verrete a stabilire vostra amica perpetua. Altra volta ci offerimmo alla maestà vostra, come ricordare ella si puote, e in quegli tempi che ancora potenti eravamo e bastevoli a resistere alle forze di colui che opprimerne desiderava; ma non permesse la divina Provvidenza che vostra maestà ne accettasse allora, acciocché maggiormente avessimo la clemenza sua a riconoscere, e la bontà sua per questo esempio vie più splendesse a tutto il mondo, per facilitare a quella le pietose imprese e onesti disegni,essendo stata da Dio eletta, come un secondo David e un altro Moisè, per benefìzio del popolo cristiano. E veramente, magnanimo Cesare, che saria cosa iniqua da tutto il mondo giudicata, e molto increscevole alla giustizia imperiale, qualunque volta che e'fusse inteso che vostra maestà volesse più tosto tenerci sotto tiranno con sua infamia e pericolo, che possederne liberi e volontari con gloria di quella e util dell'imperio.
)> Noi non possiamo, pietosissimo imperatore, contenere le lacrime quando ci ricordiamo in quale felicità fusse già la città nostra, e quanto quella fusse amata dai potentati d'Italia, e dagli esterni quanto ella fusse amata, e l'amistà sua desiderata; e al presente la veggiamo posta in estrema compassione di tutto il mondo per le sue angustie e miserie: nessuno è che la stimi per la sua debolezza, perché non ha danari , non ha soldati pubblici, non ha arme private, non ha amici, non ha reputazione; le quali tutte cose prima le tolse lo inclementissimo Clemente, e ora le tiene suffocate Alessandro suo allievo ; per la recuperazione delle quali non vogliamo usare altro mezzo che la bontà di tua maestà, e, ingannati di questa speranza, la disperazione: la quale perchè partorisce audacia e fortezza d' animo, ed è unico refugio de' miseri, dai più savi fu sempre più sfuggita. Laonde preghiamo tua maestà che ragguardi la fortuna sua, e senza pas-
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