Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      alla città e della rimessione nostra alla patria, tua maestà no conseguirà utile e onore; e danno ed infamia riporterà del consentimento della ruina di quella per le mani d'un tiranno da te nutrito, e contra ogni debito di giustizia e di pietà conservato; abbiamo speranza, anzi ci rendiamo certi, che tu ne abbi delle oneste dimande a compiacere, non pe' nostri meriti, ma per innata pietà, clemenza e benignità di tua maestà. Alla quale Dio, come fautore delle opere pietose e giuste, conceda di tutte le sue imprese prospero evento, e fino all' ultimo termine di sua vita felice la conservi. Ilo detto. »
      L1V. Carlo V promise di sfare giustizia e ordinò che le due parti dicessero le loro ragioni a' suoi ministri. I fuorusciti accusavano, e il Guicciardini a nome del duca confutava le accuse. Ma Alessandro aveva saputo ingraziarsi l'imperatore il quale per altro non amava i Fiorentini sempre stati propensi alla casa di Francia. Non potevasi adunque sperare eh' egli restaurasse la libertà della repubblica. Senza quindi alterare punto l'ordinamento dato alla città dai dodici eletti dalla balìa nella primavera del trentadue, ordinò che agli esuli fossero resi la patria e i beni. Protestarono essi dicendo non essere venuti al cospetto della cesarea maestà per imparare il modo di servire Alessandro, nè per ricuperare le tolte sostanze, ma solo per ottenere che, giusta i patti giurati, Firenze fosse rifatta libera come per tanti anni era stata. Ma furono parole sparse al vento. I miseri, scuorati, si partirono da Napoli, e oramai disperando della giustizia del principe posero ogni fiducia in Dio e nelle loro sole braccia.
      Poiché Alessandro ebbe solennemente celebrato le nozze e fatto principesche accoglienze all'imperatore in Firenze, reputandosi sicuro d'ogni pericolo, non ebbe più freno alle sue stemperatezze. Non era famiglia che non temesse d'essere vituperata nell'onore da colui che non aborriva di scalare conie ladro notturno le inaccessibili mura dei monasteri per contaminarvi le vergini sacrate a Dio. Scherniva i rimproveri o i consigli di coloro che dai defunto papa gli erano stati dati quasi tutori; non aveva più amici, tranne qualche servo e qualche sgherro; non osava fidarsi di nessuno: non ostante perchè l'uomo iniquo alla perline è colto dalla tre-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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