Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      sul partito da prendere. E come quello che per essere tenuto partecipe delle infamie del principe, non aveva ne reputazione fra la plebe, nè amici fra le migliori famiglie, non si attentò in sulle prime a chiamare il popolo a libertà. Nel tempo stesso temendo che i famigliari del duca, non vedendolo, facessero rumore e scoprissero la cosa, alle sollecitazioni di Scororiconcolo che tremava forte, chiusa a chiave la camera dove l'estinto giaceva, si partì per la via di Bologna, da dove, riposatosi appena, si condusse a Venezia.
      Quivi si appresenfò a Salvestro Aldobrandini e a Filippo Strozzi, i quaji, sbalorditi di ciò che egli raccontava, non vollero prestargli fede. Finalmente le prove addotte erano così evidenti che non essendovi più luogo a dubitare, gli esuli ne esultarono, e in ispecie lo Strozzi salutò Lorenzino col nome di Bruto fiorentino; e tutti aspettando con ansia indicibile le nuove di Firenze facevano mille disegni sul modo di tornare vittoriosi e sicuri alla patria. Ma quivi le cose non seguirono nel modo che speravano gli esuli. I fidi servi del duca non avendolo veduto entrare nelle sue stanze tutta la notte, estimarono ch'egli, secondo il costume suo, si fosse più lungamente trattenuto nelle sue scandalose escursioni ; poi cominciarono a temere alcun sinistro e ad empire d'agitazione il palazzo. Il cardinal Cibo, che era il più potente de'ministri perchè il più prossimo parente del duca, avendo saputo disparizione del duca e la subita partenza di Lorenzino si mise a sospettare. Ma prima di provvedere agli effetti che sarebbero nati dalla nuova vietò ogni indagine, impose silenzio alle ciarle, ai sussurri dei famigliari; ordinò che innanzi al palazzo si facesse un giuoco detto chintana occorrendo il dì della Epifania; ed ai gentiluomini che recavansi a copiplire il duca faceva dire che il signore, avendo vegliato tutta la notte, aveva mestieri di riposo, e quindi per quel dì non poteva dare ascolto a nessuno. Intanto aveva già scritto ad Alessandro Vitelli comandante della fortezza, che in gran diligenza da Città di Castello, dove giorni innanzi era andato, venisse a Firenze con quanti soldati potesse raccogliere ; in somma dette ordini tali e provvido in modo da potere senza pericolo far fronte a qual si fosse commovimento del popolo.


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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