Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
sparso dallo mani del carnefice. Ne mandò quindi parecchi a Volterra, Pisa e Livorno dove tra breve morirono nelle carceri; e gli altri, fra'quali Baccio Valori, Anton Francesco degli Albizzi, Alessandro Rondinelli e un figlio e un nipote di Baccio, furono fatti morire in Firenze, nel giorno annivèrsario in cui, sette anni innanzi. Io esercito di Carlo V e di Clemente VII entrava insieme con lo stesso Valori commissario nella città per imporle il giogo de'Medici. Forse a quel malarrivato cittadino nelle ore estreme tornò viva alla memoria la immagine di quel giorno di tradimento, ed egli piegò il capo alla divina giustizia che scendeva tarda ma infallibile e inesorabile per punire i peccati di lui; mentre maturava la pena de'suoi complici.
LXII. Il Vitelli non volle vendere Filippo Strozzi che gli si era reso, e dal quale l'avido romagnuolo sperava potere ricavare grosse somme di pecunia, giacché lo Strozzi era tenuto il più ricco cittadino d'Italia e forse d'Europa. Egli non solo aveva cooperato al ritorno dei Medici, ma si era siffattamente acconciato al nuovo ordinamento dello Stato sotto il duca Alessandro, che dicesi gli desse in prestanza i danari bisognevoli a fabbricare quella stessa fortezza nella quale adesso tro-vavasi prigione. Il Vitelli che teneva quella fortezza a nome e per conto dello imperatore, gli aveva scritto in favore di Filippo; il quale, non pertanto, non aveva potuto ottenere quella libertà che gli era stata promessa e quasi fatta toccare con mano. I raggiri di Cosimo, che per avere nelle mani lo Strozzi aveva pagato al Vitelli diciottomila scudi di taglia, non erano riusciti a nulla, quando la fortuna si volse improvvisamente ad aiutarlo.
Chiamato Alessandro Vitelli dal papa per capitanare lo esercito che doveva torre a Guidubaldo lo Stato di Camerino, la fortezza, e in simil modo Filippo Strozzi, fu consegnata a Don Giovanni di Luna. Cosimo temendo che Filippo avesse non solo a fuggirgli delle mani, ma ad acquistare la benevolenza dello imperatore, dacché era caldamente protetto da Andrea Doria, scrisse ad Averardo Serristori suo ambasciatore presso la Corte imperiale. Il quale non potè ottenere la consegna del prigioniero, bensì che venisse esaminato. Il ducane dette coni-
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