Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
I.llilio NONO. 485
Comune. Lo riformò di fatti dando il governo in mano a quaranta cittadini tratti da tutti gli ordini, salvi otto che nominò
10 stesso Gravella, questa balìa doveva poi essere preseduta ila un suddito dello imperatore. Era rimedio assai peggiore del male. E però quando Piero Strozzi che ardeva di vendicare la morte del padre, e per rovesciare Cosimo dal trono avrebbe dato la roba, la vita e l'anima, cercava un luogo dove far centro, aprì l'animo proprio ai Sancsi e trovò moltissimi pronti a secondarlo, lnfrattanto per la pace conclusa tra la Francia e Carlo V nel settembre del 1544 Siena si liberò dalla paura di essere saccheggiata dai Turchi i quali come alleati di Francesco I erano insieme coi Francesi approdati ai porti della marina senese. Don Giovanni de Luna, che Carlo aveva mandato in Siena per difenderla, vi rimase anco dopo fatta la pace. Le sue soldatesche che non erano pagate dal tesoro imperiale, vivevano di rapina, e turbavano orrendamente la città che esse dovevano mantenere tranquilla. Cosimo I spinse il capitano spagnuolo a riformare lo Stato in guisa che il governo si riducesse in mano dei nobili e dei ricchi; pensava che cosiffatta riforma produrrebbe un tumulto da riuscire a suo vantaggio. Difatti nel febbrajo del 1545 il popolo, stanco dei soprusi e della insolenza dei dominatori, insorse, uccise trenta de'nobili e gli altri costrinse a fuggire, mentre Don Giovanni de Luna,
11 quale al primo scoppio non aveva voluto assentire che le milizie che Cosimo teneva pronte ai confini, movessero verso Siena, fu costretto a mandar via i suoi ai quali poco dopo tenne dietro egli stesso. Il popolo, come era solito sempre fare dopo i tumulti, riformò il reggimento privando l'ordine degli oppressori d'ogni diritto ad amministrare la cosa pubblica.
Ma questa riforma fu di breve durata ; imperocché lo imperatore dai trascorsi eventi reso più accorto, era già deliberato di afforzare maggiormente la propria autorità in Siena, e ridurla quasi sotto il suo immediato dominio. Vi mandò un nuovo e più numeroso presidio spagnuolo sotto il comando dello avaro e feroce Diego di Mendoza, il quale riordinò il governo in guisa che la cittadinanza non contasse nulla, e il solo imperatore comandasse dispoticamente. I Sanesi ne fecero lamento, ma nulla ottennero, e si stettero rassegnati ad
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