Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO NONO.
      d'un sollevamento di popolo non era il solo da temersi. Imperocché verso i confini ragunavasi gente sotto il comando di Niccolò Orsini eh' era al soldo della Francia. I fuorusciti Sanesi raccoglievano anch'essi gente; e colta l'occasione che le forze spagnuole erano in varie parti delle Maremme per opporsi allo sbarco dei Turchi o de'Francesi, e Don Diego trovavasi in 1 ioni a, appresentaronsi in numero di circa tremila alle mura della città. 11 popolo insorse, e costrinse i quattrocento Spagnuoli che soli erano rimasti in Siena ad asserragliarsi in un convento, donde si cacciarono fino alla fortezza. Cosimo avrebbe voluto vantaggiarsi dell'evento; aveva già fatte muovere le sue milizie; ma temendo di provocare contro sè lo sdegno della Francia — che adesso poteva opprimerlo senza impedimento perocché lo imperatore trovavasi occupato nella guerra di Germania — se ne astenne, mutò contegno, e invece di far la parte di oppressore, assunse quella di mediatore. Indusse gli Spagnuoli a capitolare e ritirarsi a Firenze. La fortezza, venuta in mano dei Sanesi, nello agosto del 1552 venne distrutta.
      LXVII. Era un bel fatto, ma non poteva produrre durevoli effetti. I Sanesi si erano rivendicati in libertà, ma supponendo anco che i cittadini avessero deposto gli odii, che le diverse fazioni fossero affratellate in un solo pensiero, potevano essi mantenersi liberi e indipendenti fra il conflitto de' due grandi potentati che lottavano pel dominio o la preponderanza sopra la Italia? Era condizione non che necessaria impreteribile della esistenza d'ogni piccolo Stato d'Italia, lo appoggiarsi al monarca straniero che più prevaleva. Tranne Venezia, che ormai poteva considerarsi come estranea alle sorti del resto della penisola, e che serbava ancora tanta forza da potere imporre e far rispettare la propria neutralità, tutti gli Stati italiani vivevano come vassalli o di Francia o di Spagna. Ma perchè questa predominava, l'altra cercava ogni minimo pretesto per potere di nuovo riporre il piede nella penisola e rifarsi delle perdite fino allora sostenute. E adesso la fortuna le porgeva il destro di potersi stabilire nel cuore stesso d'Italia.
      Per le quali cose Enrico II non esitò punto a soccorrereV.


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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