Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STATUTO DELL'AIITE DI CALIMALA.
XLV1III.
Che ninno dell' Arie ponga richiamo in altra corte.
Statuto è che neuna persona dell'Arte di Calimala possa ponere alcuno richiamo fuori della corte de' Consoli dell'Arte di Calimala d'alcuna persona che fosse tenuta sotto la detta Arte, e d'alcuna cosa che fosse o procedesse da mercatanzia, prestanza, deposito overo cambio, overo altra cosa discendente da mercatanzia « e ch'ella discenda o sia o proceda da mercatanzia, se ne creda e stea al detto di due de'Consoli, e secondo il loro detto si proceda » 1, a pena di livre venticinque e più ad arbitrio de' Consoli di Calimala. E i Consoli siano tenuti a pena di livre xxv di fiorini piccioli per ciascuno di loro , di comandare o di fare comandare a chi facesse contra, che ootale richiamo e questione levino di quella corte dove fosse , e rechinlo dinanzi da loro. E chi non ubbidisse al primo comandamento condarininlo in lib. venticinque di fiorini piccioli ; e nientemeno gli faccino lo secondo comandamento ; e se egli non ubbidisse, anche lo condannino in livre cinquecento di piccioli. E se a' detti comandamenti non ubbidisse e non recasse la questione dinanzi a' detti Consoli, infra diece die dal die del primo comandamento, sia anche divietato dall' Arte di Calimala sanza alcuno indugio, e nientemeno sia tenuto di pagare le dette condannagioni. E ciò non abbia luogo nelle questioni de'maestri co'loro discepoli e fattori, li quali possono sanza pena andare e con loro piatire nella corte della mercatanzia. E i Consoli di Calimala procurino coli' officiale della mercatanzia delle cinque maggiori Arti, che simile capitolo si faccia per le Capitudini delle dette Arti, e che cotali contrafacienti siano indivieto delle dette Arti.
1 Aggiunta inscritta tra rigo e rigo, e notata in margine il dì C marzo 1357 di mano di Francesco Corsi.
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