Firenze vecchia di Giuseppe Conti
462 Firenze J reechiatrucioli per scaldar la colla, il tappezziere che impuntiva i sacconi o le materasse, se non le ribatteva addirittura sullo scamato, i fiascai che rivestivano i fiaschi, il ciabattino a bischetto che rattoppava le scarpe e via dicendo.
Quelli delle bottegheparevan tutti d'una famiglia, tant'era la buon' armonia e l'amicizia che regnava fra i varii mestieranti.
Una strada talvolta pareva una sala di conversazione ; perchè ogni mattina quando si aprivan le botteghe tutti si davano il buon giorno e ognuno aveva qualche cosa da raccontare, qualche novità da dare o da dir qualche barzelletta: spesso si udivano delle risate proprio da cuor contenti. Si dicevano quello che avevan mangiato per cena, dove avevan passato la serata e quindi ciascuno accudiva al proprio lavoro ed ai propri affari fino all'ora del desinare, in cui non si chiudeva, ma si accostavan le bande sicuri che nessuno si sarebbe azzardato a entrarvi, e alle tre si riapriva. Ci sarebbe da farlo ora !
Nell'estate, quand'eran circa le sei - oggi si direbbe le diciotto - si usava fare la merenda, e alle otto, cioè alle venti, che a Firenze suonava le ventiquattro - ora italiana -ossia l'Avemmaria della sera, si chiudeva.
Guest' usanza più che altri l'avevano i calzolai, i sarti, i leg'naioli, i marmisti, i tappezzieri e mestieranti simili.
Le botteghe di fondaco, di merceria, di setaiolo, e altre più di lusso, non si chiudevano fino alla sera; con l'usanza però sempre di far la chiacchierata coi vicini quando c' era meno da fare, per essere al corrente di tutte le novità. Il sabato sera il principale dava il salario ai lavoranti, e fino al lunedì non si riapriva ; perchè se qualcuno avesse aperto la bottega in giorno di festa perPadrone di bottega. * o .
far la piìi piccola cosa, gli veniva subito fatta la cattura dai birri, ed era costretto a pagare una multa. Se poi era recidivo lo mandavano anche in carcere.
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Firenze vecchia
Storia - Cronaca - Aneddotica - Costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 702 |
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