Firenze vecchia di Giuseppe Conti
506 Firenze 1 "ecchiaprovenire il popolo se poi, come suol dirsi, dandogli un dito prende tutta la mano, e anche il braccio. Infatti, quando nei giorni di carnevale pioveva, andavano nonostante varie brigate di maschere per la città, ed in Mercato Nuovo ed in Vacchereccia facendo al pallone ; e raccogliendo poi i palloni tutti fradici e inzuppati nella mota, li tiravano sulle stoffe e sui drappi, dei fondachi, rovinando e sciupando una quantità di drappi con danno rilevantissimo dei mercanti. Di qui nascevano liti e questioni infinite, anche con le persone che non eran risparmiate dalle pallonate motose, e che rimanevano bollate eh' era un piacere. Il popolo allora trasmodò. .Se i nobili facevano quella sconcezza e si mostravano cosi poco civili, la plebe sentiva il bisogno di esser da più. E difatti molti popolani, di carnevale, desideravan più le giornate pio- „_ vose che il bel tempo ; perchè, a modo loro, si divertivan di più. Invece del pallone portavan certi mazzi di cenci che strofinavano nelle pozze e nei rigagnoli ; li battevano nel viso alla gente ed entravano a frotte nelle botteghe insozzando ogni cosa, completando così il danno cominciato dai nobili col pallone. Non è da credersi il numero delle bastonature e delle pugnalate che ne erano la conseguenza !
E come se ciò non bastasse, si volle esagerare fino in fondo.
Quando quegli scapestrati cominciavano a prender di mira qualcuno, a furia di pallonate o di quei cenciacci sudici, lo rincorrevano perfino in chiesa e sulle predelle degli altari, dove tanti disgraziati si rifugiavano, credendo d'esser salvi almeno nella casa di Dio, nella quale eran salvi gli assassini e i ladri, quand'erano a tempo ad entrarvi dopo commesso un delitto, e prima che i birri gli agguantassero.
Bisognava vedere come eran ridotti quegli infelici, specialmente le donne, che venivano perseguitate più degli uomini ! Facevan rivoltare lo stomaco col viso lercio di mota, da non capir più a che specie appartenessero.
Da questa usanza, che in principio non era che una burla, degenerata poi in una vera sudiceria, nacque l'odio atroce fra gli Strozzi ed i Medici.
| |
Firenze vecchia
Storia - Cronaca - Aneddotica - Costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 702 |
|
Pagina (506/706)
|
Firenze Mercato Nuovo Vacchereccia Dio Strozzi Medici
|