Firenze vecchia di Giuseppe Conti
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« Noi viviamo, diceva la prima petizione, fra i rottami di tutti i tempi e di tutti i regni. Siccome tutti hanno fatto e disfatto, e niuno ha fatto o disfatto compiutamente, vi sono insieme i resti del vecchio e i principii dei nuovo, senza che vi sia un edifizio intero, una macchina governativa formata di tutti i congegni necessari al miglior moto, fatta con un disegno solo, attivata dalle vere forze motrici, retta metodicamente nella sua azione, non impedita da attriti. »
Queste perciò erano le ragioni che mossero i due egregi cittadini a farsi avanti ed anteporsi rispettosamente al Governo presso il Principe, affinchè egli non si lasciasse sfuggire l'occasione di costituire uno Stato conforme ai nuovi tempi.
Ma 1' influenza straniera che aveva per suoi istrumenti maggiori il Pauer e l'Hombourg tennero irresoluto il Granduca che non sapeva volere nè disvolere. Così passò un tempo prezioso, e la petizione del Ricasoli e del Salvagnoli rimase nella Segreteria di Stato come documento di lealtà di cittadini amanti della patria, e di insipienza del principe.
Gli avvenimenti però gli vinsero la mano. Da Roma il fanatismo per Pio IX si ripercuoteva in Firenze, e il fermento si faceva ogni giorno più serio. Tanto è vero che il Granduca, per consiglio del Cempini, mandò il 21 luglio un proclama ai «buoni e fedeli toscani » esortandoli con dolci parole ad aspettare con calma « la maturazione » delle riforme, che fu costretto a promettere.
Intanto il ministro Pauer il 31 dello stesso mese « ingiungeva alla vecchia Consulta di concertare col Presidente del Buon Governo e col R. Procurator Generale, i mezzi per reprimere i torbidi che sempre più pullulavano : il la nonne cavo alcun frutto. » E gli stette il dovere!
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Il Governo toscano aveva sperato che con l'annunzio di prossime riforme, la calma sarebbe tornata nell' animo dei
42. — Conti.
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Firenze vecchia
Storia - Cronaca - Aneddotica - Costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 702 |
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Pagina (661/706)
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