Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi
STORIA FIORENTINAdesimo gli oratori si appresentarono a piè del papa, e prima ringraziarono sua santità del buon animo sao di voler conservare la libertà, e far loro restituire il dominio, poi soggiunsero che i loro signori erano paratissimi a volerle soddisfare nel terzo capo, e perciò la pregavano umilmente, che le piacesse di lasciarsi intendere e dir loro quanto ella disiderava. Il papa vedutosi scoperto, e avendo maggior voglia di ragionare e di sfogarsi che di conchiudere , rispose che quanto al governo non gli occorreva dir niente, perchè quella signoria doveva molto bene sapere per esser in sul fatto, quanto fusse da fare e da correggere; e subito entrò a dire che avendolo ammazzato di cera, tanto più P arebbono morto da vero, e per più vilipendio era suto appiccato in casa Cosimino. Dolsesi amaramente di tutte le arsioni fatte, ma più di Careggi e del palazzo d' Iacopo Salviati, il quale in quello o a caso o a posta comparì quivi, e si dolse anch' egli acerbamente dell' arsione e della ribellione sua, dicendo che aveva auto una citazione, nella quale non era scritto giorno nessuno , acciò non potesse sapere s' era a tempo a comparire o no ; ripresegli ancora il papa, che ven-dessono i beni ecclesiastici, e che se P aveva tollerato P altra volta, P aveva tollerato sic et in quantum ; e finalmente per dire che facessero gli ambasciadori, non poterono ritrarre altro da lui se non che, ristringendosi nelle spalle, disse che staria in futuro a vedere, e faria quanto bene saperrebbe.
Sapevansi fuori queste cose ; onde gli ambasciadori andando per Bologna erano derisi dalia maggior parte de' cortigiani, e quasi da tutti mostrati a dito, ma essi poco di ciò curando , attendevano a eseguire quanto avevano in commessione. Ed il giorno medesimo de1 ventisei per ricordo di messer Luigi, il quale, o da se o mosso da altri, gli confortò a dover visitare i personaggi dell1 imperadore, andarono a casa del maggiordomo maggiore, il quale fece loro intendere che entrassono a lui; e volendo essi entrare nella camera, fu lor detto che gli era sopravvenuto un negozio, per il che non poteva attendere ; nè per questo mancarono di non andare a monsignore di Nanson, il quale, non avendo la lingua italiana, rispose che appena fu inteso, che desi-derava di far piacere alla città, ma dovendosi partire , non vedeva modo di poterlo fare, e soggiunse che essendo il papa de'loro, non pensava bisognasse molta intercessione. Il commendator maggiore di Leon Covos spagnuolo, quale visitarono alli ventisette, rispose loro risolutamente, che bisognava convenire con sua santità e che cosi era la mente di Cesare. Il confessore, il quale si distese lungamente rispondendo loro, che la maestà cesarea aveva fatto consigliare questa causa e la teneva giusta, e tanto più dicendolo e persuadendolo a questo ilv^ooQle
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