Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi
LIBRO DODICESIMOEra la città di Firenze, perduta la sua libertà, 'piena di tanta mestizia, di tale spavento e di si fatta confusione,, che a gran pena, non che scrivere, immaginare si potrebbe. I vincitori fatti superbi guardavano a traverso e svillaneggiavano i vinti: i vinti per lo contrario veduti dimessi si rammaricavano tacitamente di Malatesta, e dubitando di quello che avvenne, non ardivano d'alzare gli occhi, non che di contrastare ai vincitori: i giovani avvedutisi tardi dell'error loro, non vi conoscendo riparo, stavano di malissima voglia : i vecchi veggendosi in dubbio la vita e l'avere, e in vano delle loro discordie e pazzie pentendosi, stavano di peggiore : i nobili si sdegnavano tra sè , e si rodevano dentro d' avere ad essere scherniti e vilipesi dalla più infima plebe: la plebe in estrema necessità di tutte le cose non voleva non isfogarsi almeno colle parole contro la nobiltà: i ricchi pensavano continovamente qual via polessono tenere per non perdere affatto la roba : i poveri dì e notte in che modo Care dovessono a non morirsi in tutto e per tutto della fame : i cittadini erano grandemente sbigottiti c disperati, perchè avevano speso e perduto assai : i contadini molto più perchè non era- rimaso loro cosa nessuna : i religiosi si vergognavano d' avere ingannalo i secolari: i secolari si dolevano d' aver creduto a' religiosi : gli uomini erano diventali fuor di modo sospettosi e guardinghi : le donne olirà misura incredule e sfìducciate : ciascuno finalmente col viso basso, e con gli occhi spaveotali , pareva che fusse uscito fuori di sè stesso, e tutli universalmente pallidi e sgomentati temevano ognora di tutli i mali, e ciò non senza grandissime e gravissime cagioni, come per le cose che si diranno, si farà di mano in •nano, a chimiche leggerà, manifesto.
Dico dunque, ripigliando dove lasciai, che i dodici della balìa, nonv^ooQle
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