Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi

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      unno DODICESIMO l'òt»
      di Malatesta, si raccomandò idi' abate de1 Barlolini, ed egli, il quale non pur era gentile , ma la gentilezza stessa, lo fece nascondere segretamente in casa di Giovanni suo fratello, donde egli fra pochi giorni, vestito ad uso di villano, con certi contadini i quali andavano a far erba, s' usci di Firenze, e se n'andò prima a Ferrara, poi a Vinegia, dove dimorò più tempo trattenendosi sempre co' fuorusciti, e confortandogli colla speranza del miracolo ; pure alla fine più a quello che era, che a quello che a essere aveva, credendo, quando il papa fu a Perugia, andò per mezzo d' alcuni amici a umiliarsi e inginocchiarsi a' piedi di sua santità scusandosi e chiedendo perdonanza', dandosi a credere con tale umiliazione, non solo di riconciliarsi co'suoi frati, de'quali per tal cagione era in disdetta, ma ancora placare Clemente; ma egli nel tornarsene morì per viaggio. Il Bogia del Bene si parti anch' egli vestito da contadino, e nondimeno riconosciuto fuori della porta da certi villani. ebbe la caccia dietro, ma rifuggitosi a San Donato, il conte Lodronc non solo cortesemente il ricettò, ma lo fece sicuramente accompagnare. Costui, o per questa paura, come avviene molte volte agli uomini idioti, o per altra cagione, datosi allo spirito, se n' andò in Gerusalemme a visitare il santo sepolcro, ed in quel peregrinaggio passò tutto compunto e contrito, di questa all' altra vita. Dante da Castiglione in abito di frate, e Cencio suo fratello, e cardinale Rucellai, e Giovacchino Guasconi si fuggirono a Vinegia per mezzanità del signore Stefano, il quale quattro giorni dopo che fu fatto il parlamento, scusandosi che più soprastare in Firenze non poteva, prese licenza, secondochè gli concedevano i capitoli dell' accordo, e se ne ritornò in Francia. Con esso lui si parti Giovambatista Siciliano da Messina sergente maggiore, chiamalo il Sergentino, e se n' andò, come quasi tutti gli altri a Vinegia, ricevitrice allora non d'ogni bruttura, come disse il Boccaccio (4), ma bene d'ogni miseria.
      11 giorno de' ventotto d' agosto i soldati del signor Pirro ammazzarono alcuni Spagnuoli che passavano da'loro alloggiamenti, con dire che quegli delle loro bande avevano morti per rubargli, e gittati in un pozzo due Italiani ; per lo che levatosi il romore si diede all' arme per tutto il campo; ma quel giorno non si fece altro, non tanto perchè i capitanientrarono di mezzo e gli spartirono, quanto perchè gli Spagnuoli, ancoraché offesi dagP Italiani, fuggivano la zuffa , e non volevano venire «Ile mani con esso loro, i più per la voglia e speranza la quale avevano di saccheggiare Firenze, che per altra cagione. Il giorno di poi, stando ciascuno in sulle sua, gli Italiani (avendo promesso i Tedeschi di doversi star di mezzo senza aiutare o disaiutare più questa parte che quella )
      (>) Nella Novella II delia IV Giornata.
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Storia fiorentina (volume II)
di Benedetto Varchi
Borroni e Scotti Milano
1846 pagine 476

   

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