Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi
LIBRO QUATTORDICESIMO 321
< È falso ancora, che il duca Alessandro, il magnifico Ippolito ed il cardinal di Cortona, il quale allora gli governava, rinunziassero volontariamente a quel principato che tenevano nella repubblica con consentimento della maggior parte de7 cittadini che noi dicemmo di sopra, anzi fossero sforzati a lasciarlo e a partirsi di Firenze, da quegli scandalosi cittadini, de' quali noi dicemmo di sopra che avevano preso ardire e forze contro a di loro pel caso ch'era avvenuto a Roma; onde essi quando partiron della città, temendo della vita loro, richiesero certi de' migliori e più orrevoli cittadini fiorentini, che gli accompagnassero infinattantoché si fussero condotti in luogo sicuro; bene è vero che si fece allora una legge, per la quale furon conceduti loro certi privilegi ed esenzioni, delle quali niuna ne fu di poi osservata loro.
< Ma quando l'imperadore fosse stalo ingannato dagli agenti e ministri di papa Clemente nel far con sua santità 1' accordo di Barzellona, sarebbe egli, come prudentissimo ch'egli è, conosciuto l'inganno che gli fusse stalo fatto, quando egli udì in Genova, innanzichè la guerra di Firenze cominciasse, e di poi in Bologna più volle , meutrechè la guerra si faceva, gli ambasciadori dello stato popolare. Nè .si può anche veramente dire che Io imperadore fosse con inganni persuaso a far la dichiarazione del governo che mandò a Firenze pel Mussetlola, dagli ambasciadori che i nimici del duca dicono che furono mandati perciò in Fiandra a sua maestà dagli amici della casa de'Medici, fatto che fu 1' accordo co'suoi agenti l'anno 1550; conciosiacosachè a sua maestà non furono mandati ambasciadori, se non di poi che il Mussetlola ebbe pubblicalo in Firenze la forma dello stato che. Cesare voleva che fosse in quella città, a ringraziare la maestà sua; siccome era convenevole, di si grati benefizio, quanto era quello che avea fatto di nuovo a' Fiorentini di riordinar loro il governo della città, e ridurlo in mollo miglior forma ch'egli non era prima.
« E se la dichiarazione di sopra detta non fu vinta e confermala col partito segreto de'maestrati di Firenze, diciamo essersi usato molte volte questo medesimo nelle pratiche e nelle deliberazioni pubbliche che si son fatte in quella città , che uno per ciascuno maestrato riferisca in pubblico il parere e la sentenza di tutti i suoi compagni ; avendo prima ciascun maestrato tutto insieme da sè stesso esaminalo e discorso bene quella cosa della quale si traila, il che si usa fare per finire con più brevità e men confusione le pubbliche deliberazioni. Ma è cosa stolta e arrogante il dire che 1' imperadore, il quale procede nelle sue deliberazioni con tanta prudenza, e col consiglio di tanti uomini e sì savi, si sia in una deliberazione di tanta importanza, come fu questa, lasciato ingannare da alcuno.
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