Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi
LIBRO QUATTO(IDlCFSIMO 33 fma i e clic V autorità predetta ancora sia personale, di maniera che in quella non succedano i discendenti suoi , non istando insieme a' tempi nostri libertà e principato che vada per successione. Fa di mestiero, oltracciò, che in quei maestrali ne' quali interviene la persona sua, sebbene il duca arà in quelli maggior dignità che non hanno gli altri che saranuo in compagnia sua in quei medesimo maestrato , abbia solamente podestà di proporre quel che più gli piacerà , ma non possa impedire perciò egli solo quello che dagli altri fosse slato legittimamente deliberato, e che il voto suo sia solamente di quel vigore che suol essere quello d' un capo legittimo in una città libera. Nè gli sia dato, oltre a questo , dell' entrate pubbliche più di quel che si conviene a un capo d'un governo libero, siccome ha usato di fare per lo passato la città di Firenze, e oggi usano Vinezia ancora , e qualunque altra città libera. Non deve, ancora, essere in Firenze alcuna fortezza, o guardia di soldati forestieri, conciosiacosachè a i capi pubblici e legittimi basti l'autorità del maestrato a mantenergli sicuri, e la benevolenza de'cittadini, delia quale ei mostra nelle risposte sue d'abbondare; e per la sicurtà universalmente d'ognuno potrà la cesarea maestà provvedere in tutti que'miglior modi chele occorreranno. Fa di bisogno, ancora, che l'impera-dore crei in Firenze un senato di tanto numero di cittadini, che di quello non resti fuora alcuno il quale per nobiltà di sangue e per 1' altre sue buone qualità meriti di ritrovarsi al governo delle cose pubbliche; e che da questo senato sian fatte tutte le leggi e tutte le deliberazioni, le quali sarà giornalmente necessario di fare nella città , e massimamente quelle , per le quali si dovesse deliberare di porre qualche nuova gravezza a i cittadini, per far condotte di capitaui o d' altri condottieri, o per qualunque altra bisogna e occorrenza di sua maestà, o della città propria. È di necessità, ancora, che tulti i maestrali cosi di Firenze, tome del suo dominio , s' eleggano ne' modi antichi della nostra città «li Firenze co'parliti segreti a fave nere e fave bianche , siccome s' usa ancora di fare in tutte 1' altre città libere ; e mancando per morte, o per qualunque altra cagione , uno de' senatori sopraddetti, se u' elegga un altro in luogo di quello dal medesimo senato, o veramente dall' imperadore ; ed acciocché questo ordine dato da lei non possa esser guasto o alteralo con qualche sforzalo parlamento, siccome fu guasto da loro il governo dell' anno 1530 , lo imperadore comandi che questo ordinamento non possa in maniera alcuna essere alteralo o mutalo giammai, senza il consentimento e volere di quel senato, e senza l'approvazione di sua maestà. Affermiamo, oltracciò, esser necessario ancora, che la cognizione di tutte le cause criminali, qualunque le si siano , le quali appartenessero «He persone de' cittadini fiorentini abili a i maestrali e dignità della
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