Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi
STORIA FIORENTINA, y LIBRO SEDICESIMO 413
ministro in Italia od oratore suo; il quale giunto in Firenze, dove fu incontrato, ricevuto ed alloggiato onoratissimamente nelle stanze di sotto dei palazzo de'Medici, cominciò, per iscoprir gli umori e le passioni degli animi de'cittadini così in favore, come in disfavore di Cosimo, a tener cautamente diverse pratiche.
V imperadore per levar il sospetto di volersi (come si diceva) impa-dronire di Firenze, s'era lasciato intendere che gli bastava assecurarsi di quello stato, e, perchè questo seguisse, si contenterebbe di qualsivoglia governo che a quei di dentro fosse piaciuto e partito migliore; e perchè la mente sua sarebbe stala, che i fuorusciti fussin tornati in Firenze d' accordo, si per levare quell'occasione al re , si per potersi servire di que' tremila fanti i quali per la sicurezza dello stato nuovo soggiornavano sul Fiorentino, aveva Sifonte scritto al cardinal Salviati, che volendo sua signoria reverendissima convenire, mandasse a Firenze una persona bene instrutla : fu eletto messer Giovan Maria Stratigopolo chiamato il cavalier Greco; ma il cardinale, il quale sapeva d'essere in cattivo predica mento della maggior parte de'fuorusciti, i quali segretamente, ma non sì che non si risapesse, si lamentavano di lui, e si chiamavano ingannati e traditi, volle che insieme con esso lui, il quale dipendeva dal priore suo fratello, si mandasse un altro che fusse più loro confidente che non era il cavaliere , e questi fu messer Donalo Giannotli. Areb-bono i principali de' fuorusciti, ancorché fussero confusi e discordanti fra di loro, acconsentilo ad uno stalo di ottimali con un capo a vita, e si sarebbono contentali di Cosimo, non tanto per contentarsene, quanto che sappiendo la mala contentezza de' più segnalati cittadini di Firenze, speravano di potere accomodarsi meglio e più agevolmente essendo dentro, che stando fuori. Proposero il cavaliere ed il Giannotto, che si deputassero da ciascuna delle parti quatlro uomini, i quali do-vessino in alcun luogo comodo ad ambedue consultare e risolvere quello che fusse da fare. Il conte li domandò se avevano il mandalo a poter convenire, ed avendo essi risposto di no, disse loro , dubitando che non tenessero pratiche co' cittadini, che si parlissino della ciltà , e più non vi tornassino, se non avevano il mandato \ ma non si procedette più oltre, si perchè a costoro parve d'essere uccellati, e sì perchè gli oratori franzesi, i quali prima , veduta la confusione e la tardità di Filippo e de' cardinali, erano insospettiti, intese queste pratiche, cominciarono a dolersi, e mostrare quanto elleno fussero per dispiacere alla maestà del cristianissimo, il quale solamente per muovere la guerra a Firenze, e per rimettere i fuorusciti in casa , aveva rimesso in Venezia di contanti quarantamila scudi, e s'apprestava di venire e^li in persona con grandissimo esercito di fanti e di cavalli in Italia.
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