Storia fiorentina (volume II) di Benedetto Varchi
STORIA piombmtinae dizione delia Chiesa un' imposizione u' uno per cento , con severissimo bando che chiunque non avesse a tal tempo tutti notificati i suoi beni stabili, s'intendesse averli subitamente perduti , e voleva che nella dizione e stato della Chiosa si comprendessino Ferrara e Urbino : ordinò eh' ogni nibbio di grano si pagasse a farlo macinare non un giulto, come aveva fatto papa Clemente , ma uno scudo, benché poi per intercessione del duca di Castro ne levò la metà , e si pose sopra il sale : volle che per ogni libbra di carne che si comperava si dovesse pagare due quattrini; e perchè gli apparecchiamenti.del Turco si dicevano essere, ed erano in fatto grandissimi, impose a'Romani» sotto titolo di fortificare la città , che per un anno dovessero pagare ogni mese dodicimila ducati , i quali a petizione del medesimo duca si ridussero poi a ottomila.
Per le quali cose stava ciascuno maUssimamenle contento , e più di tutti gli altri si dolevano i Romani , a' quali era stalo di più proibito i, poter portare arme d' alcuna ragione , cosi da difendere come da offendere , sotto pena ( il che mai più s' intese ) della vita : onde non mala-d ice vano più l'anima di Clemente VII ,ma quella di Paolo III; il quale lasciandoli dire,, e attendendo a fare, impose a tutto il clero, o preti, o frati, o monaci ehe si possano dire, decime di contanti, e per riscuoterle mandò in Toscana un esattore ( che così chiamano i riscuotitori ) messer Agostino San Marino, uomo, eome sogliono essere le più volte colali ministri, pieno d'avarizia, e senz' alcuna non dirò coscienza o misericordia, ma discrezione. Il duca, parendoli,strano che dello stato suo si dovessero cavare tanti danari ad un tratto, elesse fra tutti gli altri e mandò a JRoma per nuovo ambasciadore messer Agnolo di messer Matteo Niccolini, nella cui rara prudenza e rarissima fede grandissimamente confidava, perchè egli mostrasse a sua santità quanto fosse esausta e vóta di danari per li casi passati la città e tutto il dominio di Fi-renze, e s'ingegnasse con tulle le forze d'ottener grazia, che nel suo stato per le dette cagioni non si dovesse riscuotere cotali decime, e non potendo impetrare questo, facesse ogni instanza d'impetrare che elle si pagassero , in quel modo e con quella porzione, che nel pontificato d' Adriano VI s'erano pagate: ma'1 papa rispondendo, anco la Chiesa esser povera, e non aver più ricco e più manesco tesoro che le decime, non volle concedere nè 1' una cosa nè 1' altra, e rimise i' ambasciadore a messer Vincenzio da Tolentino suo tesauriere, il quale, di fattore d'un barbiere del cardinale di Monte, «dito per la sua bellezza a quel grado, fu poi fatto cardinale di Rimini. Costui, o per^ua natura, o per commissione avuta, si mostrava più duro e più ostinato di giorno in giorno, e benché il papa avesse profferto spontaneamente, che ne concederebbe 1»
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