I primi due secoli della di Pasquale Villari
32 INTRODUZIONEarmi, questi nobili combattevano, in nome dell' Impero, pe' suoi diritti, nel proprio interesse, contro la nuova società comunale, che ad un tratto si levava potente e minacciosa. Essi scendevano dai loro castelli a chiuder le vie al commercio dei Comuni; imponevano taglie; facevano minacce ; volevano trattar da vassalli i liberi cittadini, che perciò, sdegnati, uscivano di tratto in tratto a far vendetta, e non di rado finivano con lo spianare i superbi castelli. Quei nobili invece che erano restati nelle città, stanchi adesso di vivere in mezzo ad uomini che non facevano più distinzione alcuna di sangue o di casta, spesso emigravano per raggiungere i loro compagni. L' emigrazione fu tale che più volte i cittadini, risentendone gravi danni, fecero leggi per impedirla. Il Papa incoraggiava i Comuni, perché a lui non doleva la scemata potenza temporale dei vescovi, e gli era necessario l'abbassamento dell' Impero. Cosi la lotta degli artigiani contro il feudalismo finalmente cominciava, e con essa la vera storia dei nostri Comuni.
Non bisogna però credere che il Comune sorgesse in nome dei diritti dell' uomo o delle libertà nazionali. Nulla di ciò. L'Impero era riconosciuto sempre come la fonte unica, universale del diritto. In fatti fino quasi a tutto il secolo xv, le città guelfe o ghibelline, nemiche o amiche dell'Impero, continuarono a scrivere in suo nome i pubblici atti.1 Le risorgenti repubbliche accettavano sempre l'alto suo dominio, e la loro dipendenza da esso, quasi direi che, chiedendo una nuova e più generale esenzione, volevano solo essere come duchi o conti di sé stesse. Combattevano i nobili e combattevano l'Impero; ma dopo la vittoria, riconoscevano l'autorità dell' Imperatore, ed a lui chiedevano la sanzione delle conquistate libertà. Né i Papi desiderarono mai la distruzione dell' Impero, della cui protezione avevano spesso bisogno, che riconoscevano anch'essi erede legittimo dellr antica Roma, e quindi sorgente unica
1 Vedi, fni gli altri, Gino Capponi, nota al documento 3, nel voi. I del rArchivio storico italiano.
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